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Foto: Fabio Quinto
Il primo monitoraggio nazionale sul lupo in Italia, coordinato dall’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ISPRA, su mandato del Ministero della Transizione Ecologica MiTE, cerca di rispondere alle domande: quanti sono i lupi in Italia? Dove sono? Il lavoro è stato svolto tra il 2018 e il 2022, con una raccolta dati realizzata tra Ottobre 2020 - Aprile 2021 che ha permesso di stimare l’abbondanza (intesa come numero di individui, N) e la distribuzione (area minima occupata nella regione alpina e la area stimata nella zona peninsulare) della specie.
Perché fare un monitoraggio nazionale?
Il lupo è una specie rigorosamente protetta dalla normativa Internazionale (Direttiva ‘Habitat’ CEE 1993/43, Convenzione di Berna) e nazionale (l. 157/92, DPR 357/97) e tale protezione ha sicuramente contribuito significativamente alla ripresa demografica e geografica rilevata negli ultimi decenni, ma non è stata mai adeguatamente documentata, a scala nazionale, attraverso attività di monitoraggio coordinate. Il monitoraggio nel tempo di alcuni parametri della popolazione (come la distribuzione e l’abbondanza) rappresenta uno strumento essenziale per valutare lo status di conservazione e verificare l’efficacia delle misure gestionali e di conservazione applicate. I dati scientificamente attendibili potranno indirizzare azioni di mitigazione dei conflitti con le attività umane, favorendo la coesistenza uomo lupo.
C’è differenza tra i lupi delle Alpi e quelli dell’Italia peninsulare?
La popolazione di lupo in Italia è suddivisa in due componenti, quella alpina e quella appenninica o meglio peninsulare, considerate due entità gestionali separate secondo le “Guidelines for Population Level Management Plans for Large Carnivores”, approvate nel 2008 dalla Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea e dal Comitato Permanente della Convenzione di Berna (Linnell et al. 2008). In realtà, le due componenti condividono lo stesso pool genetico dall’Aspromonte alle Alpi, ma il flusso genico tra i due nuclei è limitato; inoltre ci sono differenze del contesto ecologico-gestionale tra la penisola e le Alpi, dove la popolazione è condivisa anche con altri Paesi (Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia), e la sua conservazione richiede una collaborazione internazionale. Per questi motivi appare opportuno analizzare in modo disgiunto i due contesti territoriali.
L’impostazione dell’indagine condotta nel 2020-21 ha dovuto tenere conto di tali differenze e ha richiesto un adattamento della strategia di raccolta dei dati alle condizioni locali e alle risorse disponibili. Pur assicurando un approccio coordinato e coerente, basato su protocolli condivisi per la raccolta dei dati, il campionamento e le procedure analitiche sono stati pertanto declinati in modo differente per le due componenti, ‘alpina’ e ‘peninsulare’, distribuite rispettivamente nella zona delle regioni alpine e nelle regioni dell’Italia peninsulare.
Il coordinamento delle regioni alpine è stato seguito dal Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e dall’Università di Torino (DBIOS) nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU.
Ma prima del piano di monitoraggio nazionale come si “contavano” i lupi in Italia?
I lupi si sono sempre “contati” nel nostro Paese, lo fanno a scala locale le Regioni e le Provincie autonome, i Parchi nazionali e regionali. La formazione degli operatori, il campionamento, la raccolta ed archiviazione dei dati con cui tali conteggi venivano effettuati non erano omogeni nelle modalità e non venivano eseguiti in contemporanea. L’uso di protocolli standardizzati e coordinati condivisi su base nazionale che ha caratterizzato il monitoraggio realizzato da ISPRA ha permesso di superare la frammentazione metodologica fornendo dati rigorosi, analizzati con un unico approccio scientifico, oggettivo e condiviso.
Dove sono stati raccolti i segni di presenza?
Le attività di raccolta dei segni di presenza si sono svolte da Ottobre 2020 ad Aprile 2021 in 1000 celle 10x10 selezionate da esperti ISPRA con il supporto di un pool di ricercatori universitari che hanno combinato in modo estremamente innovativo un disegno di campionamento probabilistico con le più avanzate tecniche di indagine di campo e analisi genetica sulla specie.
In particolare, per le regioni alpine (dalla Liguria al Friuli-Venezia Giulia) sono state selezionate il 100% delle celle.
Nelle regioni peninsulari, tenuto conto della maggiore estensione dell’areale di presunta presenza della specie, sono state campionate il 35% delle celle identificate idonee. Per estrapolare i risultati verso il restante 65% di celle, si sono utilizzati i più recenti ed avanzati modelli statistici prodotti dalla comunità scientifica.
Quali sono i segni di presenza raccolti?
Nella campagna di campionamento sono stati percorsi a piedi 85000 km, due volte il giro della terra e sono stati raccolti 24490 segni di presenza della specie: 6520 avvistamenti fotografici da fototrappola, 491 carcasse di ungulato predate dal lupo, 1310 tracce di lupo, 171 lupi morti. Su 1500 escrementi, dei 16000 registrati, sono state condotte analisi genetiche che hanno permesso l’identificazione della specie.
Chi ha raccolto i segni di presenza?
Una rete di 3000 persone, opportunamente formate e appartenenti a 20 Parchi nazionali e regionali, 19 regioni e provincie autonome, 10 università e musei, 5 associazioni nazionali (Aigae, Cai, Legambiente, Lipu, Wwf Italia), 34 associazioni locali, 504 reparti del Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari (CUFAA) dell’Arma dei Carabinieri, ha avuto un ruolo fondamentale nelle attività di raccolta dei segni di presenza, rese ancora più complesse dalla pandemia Covid-19.
La rete di operatori è stata coordinata nelle regioni alpine dal Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e dall’Università di Torino (DBIOS) nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU e nelle regioni dell’Italia peninsulare da 20 tecnici incaricati da Federparchi Europarc Italia (la Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali).
La formazione degli operatori, il campionamento, la raccolta ed archiviazione dei dati è avvenuta con protocolli standardizzati e coordinati su tutto il territorio nazionale come descritto dalle Linee Guida per il monitoraggio del lupo di ISPRA. Le stime di distribuzione e abbondanza della specie sono state estrapolate utilizzando i più recenti ed avanzati modelli statistici prodotti dalla comunità scientifica.
Perché i risultati vengono restituiti come una stima?
I risultati finali vengono presentati in termini di stima di abbondanza e distribuzione. Potrebbe creare confusione avere come risultato un valore numerico compreso tra un minimo e un massimo, anche se il dato probabilistico ormai è entrato a far parte della nostra cultura, si pensi agli exit poll elettorali che vengono spesso forniti con una forchetta di errore. La necessità di esprimere il risultato come valore medio accompagnato dalla forchetta di errore è anche correlata alle caratteristiche ecologiche della specie. Il lupo ha una bassa contattabilità, si muove in gruppo e su aree molte vaste. Questo significa che in un dato territorio, se anche la specie fosse presente, potremmo non essere in grado di intercettarne i segni di presenza. Per ovviare a questo problema, che è comune a tutte le indagini di tipo scientifico e si definisce come problema della misurabilità di una determinata grandezza, si ricorre a dei modelli statistici. Per la stima dell’abbondanza, a partire dal numero di animali che sono effettivamente rilevati sul territorio, tenendo conto della contattabilità, i modelli restituiscono un intervallo di possibili valori dove cadrà la nostra misura degli animali totali presenti. Il non aver il numero certo, ma una stima media con un intervallo di valori, rende paradossalmente il risultato più corretto perché tiene conto dei possibili errori sistematici e casuali insiti nel processo di misura. Il concetto importante, che è sempre bene ribadire in una indagine scientifica, è che ogni grandezza che descriviamo ha un grado di incertezza che andrebbe sempre stimato.
Quanti lupi ci sono in Italia?
Le stime dell’abbondanza della specie per le regioni alpine e per le regioni dell’Italia peninsulare sono state prodotte in maniera indipendente con i medesimi modelli statistici. I due valori risultanti e i rispettivi intervalli sono stati integrati, ottenendo una stima della consistenza complessiva a livello nazionale.
La stima della popolazione del lupo a scala nazionale è risultata pertanto pari a 3.307 individui (forchetta 2.945 - 3.608).
Zona | Stima dell'abbondanza |
Zona Regione alpine | 946 (822 - 1099) |
Zona Regioni Italia peninsulare | 2388 (2020 - 2645) |
Totale in Italia | 3307 (2945 - 3608) |
Questi risultati indicano che la popolazione di lupi del nostro paese è molto cresciuta negli ultimi anni, soprattutto nelle regioni alpine.
Dove sono i lupi in Italia?
La stima della distribuzione del lupo in Italia viene fornita in due mappe distinte ottenute da una base metodologica comune. Nelle regioni alpine sono state campionate il 100% delle celle di presunta presenza della specie ottenendo una mappa di distribuzione minima. Nelle regioni peninsulari, tenuto conto della maggiore estensione dell’areale di presunta presenza della specie, sono state selezionate per la raccolta dei dati il 35% delle celle identificate idonee. Per estrapolare i risultati verso il restante 65% di celle, si sono utilizzati modelli statistici ottenendo una mappa di probabilità di presenza.
Sulla base dei dati raccolti, il range minimo di presenza del lupo nelle regioni alpine nel 2020-2021, considerando l’anno biologico della specie (1° maggio 2020 - 30 aprile 2021), è stato stimato di 41.600 km2. Nelle regioni peninsulari, l’estensione complessiva della distribuzione è risultata pari a 108.534 km2 (forchetta = 103.200 – 114.000 km2). Il lupo occupa quindi una larga parte del paese e nelle regioni peninsulari ha colonizzato la quasi totalità degli ambienti idonei.
Nella cella documentata è stata accertata la presenza del lupo; in quella non documentata non sono stati rilevati dati di presenza; Le aree di colore sfumato nella penisola indicano la probabilità di presenza della specie. Elaborazione LIFE Wolf Alps EU ISPRA.
Cosa è l’ibridazione e perché è una minaccia per la conservazione della specie?
In Europa, la potenziale ibridazione con il cane (Canis lupus familiaris) rappresenta una tra le principali minacce per la conservazione del lupo. L’ibridazione lupo x cane determina l’introduzione di geni non adattativi nella popolazione selvatica e può modificare l’identità genetica e, conseguentemente, l’ecologia, la morfologia, il comportamento, gli adattamenti, mettendo in pericolo il patrimonio genetico evoluto nel corso dei millenni e che ha permesso al lupo di sopravvivere e di adattarsi al mutamento delle condizioni ambientali. Dalle analisi genetiche condotte sui campioni raccolti nell’area peninsulare sono stati identificati geneticamente 513 individui di lupo. Il 72,7 % non ha mostrato ai marcatori molecolari analizzati alcun segno genetico di ibridazione recente o antica con il cane domestico, l’11,7 % mostrava segni di ibridazione recente con il cane domestico, il 15,6 % hanno mostrato segni di più antica ibridazione (re-incrocio con il cane domestico avvenuto oltre approssimativamente tre generazioni nel passato). Occorre sottolineare che i valori dei tassi di ibridazione antica o recente ottenuti da questa indagine e dalle analisi molecolari non rappresentano una stima formale del fenomeno, né a livello nazionale né locale, e che sarebbero necessarie ulteriori indagini per poter valutare il tasso di ibridazione della popolazione italiana di lupi.
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I risultati ottenuti rappresentano una base di conoscenza per indirizzare le scelte gestionali e permettere di valutare il raggiungimento degli obiettivi di conservazione, assicurando il mantenimento, a livello nazionale, di uno status di conservazione favorevole della specie e al contempo mitigando i conflitti che il lupo causa. L’adozione di protocolli standardizzati a scala nazionale sotto il coordinamento dell’ISPRA ha permesso di superare la disomogeneità delle strategie di monitoraggio effettuate a scala locale negli anni passati, dovuta alla frammentazione amministrativa e all’assenza di un coordinamento tra enti e istituti locali, disomogeneità ritenuta una delle principali minacce per la conservazione della specie.
Inoltre sono stati realizzati:
- un database nazionale dei segni di presenza e dei dati delle analisi genetiche, che verrà messo a disposizione di regioni e altri enti a supporto delle future azioni di monitoraggio.
- uno studio dell’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Italia attraverso l’analisi dei danni intercorsi nel periodo 2015-2019 che è stato trasmesso a tutte le regioni per un’ulteriore verifica dei dati e che verrà pubblicato nelle prossime settimane.
- uno studio sul Monitoraggio molecolare del fenomeno dell’ibridazione antropogenica tra lupo e cane domestico in Italia peninsulare, che rappresenta una base per gli approfondimenti su questa rilevante minaccia.
I risultati del lavoro saranno pubblicati in articoli scientifici riportando tutti i dettagli dell’indagine, in maniera tale da permettere una verifica da parte della comunità scientifica delle metodologie utilizzate e una condivisione di metodi e risultati.
Le attività svolte nell’ambito dell’indagine 2020-2021 hanno interessato Istituzioni e associazioni di tutta Italia, stimolando la creazione di una rete nazionale di operatori formati, che è uno dei risultati più importanti di questo lavoro, patrimonio importante per la conservazione della biodiversità a scala nazionale nel lungo termine.
Il monitoraggio nazionale del lupo ha anche contribuito ad aumentare il livello di consapevolezza e conoscenza della specie nei cittadini grazie alla campagna di formazione e informazione che ha accompagnato le varie fasi del monitoraggio.
Ringraziamenti
Il monitoraggio nazionale del lupo, un grande sforzo collettivo che ha unito cittadini, competenze scientifiche, professionalità differenti, passioni, saperi, dialetti e paesaggi d’Italia, si è potuto realizzare soltanto grazie alle tante persone che a diverso titolo hanno collaborato a questa impresa. Un’ unità d’intenti resa possibile da un obiettivo comune e condiviso: la conoscenza scientifica per lo studio e la conservazione della biodiversità.
Ringraziamo Luigi Boitani, LifeWolfAlps Eu per il coordinamento nell’area alpina, Federparchi, il Corpo dei Carabinieri Forestali che con 504 reparti ha svolto un lavoro insostituibile, i parchi nazionali e regionali, le regioni, le provincie e le province autonome, le associazioni nazionali Aigae, Cai, Legambiente, Lipu e Wwf e le associazioni della regione appenninica A.P.S. SOS Natura, Ardea, ASNU - Associazione Scienze Naturali Unite, Canislupus Italia Onlus, Centro de Romita, Centro Studi per l'Ecologia e la Biodiversità degli Appennini, EcoLato-Sportello di agroecologia, Fare Ambiente, I Camminanti, IntraMontes, Io non ho paura del lupo, K’Nature, Piacenza Wildlife Rescue Center (CRAS), Salviamo l'Orso, Selvatica APS, Serapia, STERNA Soc coop arl , ARiF Associazione Rilevatori Faunisti, Terre del Mediterraneo, Thalassia, WildUmbria, Associazione Guide Ufficiali ed esclusive del Parco del Pollino, Associazione guide ufficiali ed esclusive del parco nazionale dell'appennino lucano Val D'agri - Lagonegrese -ONLUS , Centro Studi Appennino Lucano, GEV Bo, GEV Faenza, NaturOffice APS, Hystrix, Guide Ufficiali dei Parchi Nazionali del Pollino, della Sila, dell’Aspromonte, dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese e dell’Alta Murgia le università del Molise e di Napoli Federico II, Parma, Perugia, Pisa e Teramo. I tecnici Federparchi che hanno coordinato il monitoraggio nelle zone peninsulari: Alessandro Asprea, Carmine Romano, Davide Pagliaroli, Davide Palumbo, Duccio Berzi, Enza Fava, Federico Morimando, Francesca Ciuti, Gabriella Rizzardini, Lorenzo Gaudiano, Luigi Molinari, Marco Bonanni, Marco Lucchesi, Mia Canestrini, Milena Provenzano, Paola Fazzi, Remo Bartolomei, Sara Marini, Tommaso Notomista. Istituto di Ecologia Applicata. Elisa Avanzinelli, Marta Debiaggi, Lura Scillitani, Maria Virginia Boiani per Lifewolf Alps EU. Per ISPRA Piero Genovesi, Nadia Mucci, Romolo Caniglia, Edoardo Velli, Daniele Battilani, Claudia Greco, Elena Fabbri, Federica Mattucci, Maurizio Miccinilli, Maria Angela Selvatici, Marialba Cazzato, Marco Deana, Antonietta Licenziato, Daniela Antonietti, Claudio Fattori, Stefano Papa, Graziella Bellagamba, Daniele De Angelis, Vincenzo Gervasi, Renata Montesanti, Simona Benedetti, Daniela Genta, Marco Pisapia, Roberto Daffinà, Attilio Castellucci, Rossella Sisti, Francesca Di Iorio, Alessia Marinelli, Cristina Pacciani, Alessandra Lasco, Annarita Pescetelli, Giulio Carcani. Le coordinatrici del monitoraggio Francesca Marucco, Valeria Salvatori e Valentina La Morgia, Paola Aragno coordinatrice nazionale del monitoraggio.