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12 BARBARESCO-BAROLO

Per gli atleti una corsa contro il tempo, per noi, appassionati o neofiti,  una gara unica: fatica e sfida nel percorrere la distanza che separa e collega  due luoghi che, con il loro nome portato nel mondo dai vini che lì nascono, sono vivi nell’immaginario collettivo. Barbaresco – Barolo: partenza e arrivo della tappa, patria di vini leggendari. Gemelli, ma diversi, come i Dioscuri. Il percorso si snoda nella Bassa Langa, area di colline dolci, arrotondate e poco elevate, che però, col loro movimento dinamico, metteranno alla prova gli atleti in una fase delicata del Giro. Il Paesaggio è modellato sui terreni sedimentari del Miocene medio e superiore (16-7 milioni di anni fa), che caratterizzano la parte centrale del cosiddetto “Bacino Terziario del Piemonte”: quella parte del Golfo Adriatico che allora si estendeva fin sotto le Alpi. Langhiano, Serravalliano, Tortoniano sono termini che entrano a far parte del linguaggio scientifico internazionale, per individuare gli intervalli di tempo (approssimativamente dai 16 ai 7 milioni di anni fa) durante i quali sono avvenuti una serie di eventi caratterizzanti, particolarmente ben rappresentati nelle località da cui prendono nome. Il Paesaggio che fa da scenario alla competizione fa geologicamente parte della stessa monoclinale (un tipo di assetto in cui gli strati rocciosi hanno tutti la stessa direzione); geograficamente è situato in un areale a microclima particolare: estati calde e autunni tendenzialmente poco piovosi. Le vigne caratterizzano il paesaggio in modo assoluto: tecnicamente  sono monocolture che trovano le condizioni ideali sui terreni  prevalentemente marnosi e marnoso-calcarei,  esposti al sole e al riparo dai venti del Nord. I filari sono disposti parallelamente ai morbidi pendii: questa prassi ostacola l’azione dilavante ed erosiva delle acque piovane, proteggendo il paesaggio e assicurando al vino prodotto tutte le qualità che la vite assorbe dalla terra.
Scriveva Colette: “La vite e il vino sono un grande mistero. Solo il vino ci sa raccontare qual’è il vero gusto della terra.”

Barbaresco e Barolo sono stati i primi vini italiani ad ottenere nel 1981, la DOCG; “Il caso più tipico di come terreno, sistemi di coltivazione e vinificazione possano influire diversamente sullo stesso vitigno” (Marco Trimani).
Entrambi i vini sono prodotti dalla vinificazione del Nebbiolo, vitigno che necessita di calore per la maturazione ottimale e di tempo per l’affinamento dei suoi migliori prodotti, che a loro volta si evolvono in modo sorprendente e mai uguale, se – consumati solo in parte all’atto dall’apertura – vengono conservati ritappando la bottiglia: tradizione locale riservare agli amici la degustazione delle cosiddette “culattone”.

Si è sapienti quando si beve bene: chi non sa bere, non sa nulla” (Nicolas Boileau).

 

NEBBIOLO

Il nome è di origine piemontese, deriva dalla nebbia che spesso si stende sulle vigne al tempo della vendemmia o, secondo altre fonti, per il velo chiaro di pruina che copre gli acini.
E’ un vitigno vigoroso, specialmente nella varietà Lampia, con produzione costante.
Sensibile all’oidio, resiste alla peronospora. I vitigni sono alti, quando fioriscono rigogliosi connotano le aree coltivate con un aspetto unico.
Il Nebbiolo è molto sensibile ai terreni in cui viene coltivato, modifica le proprie caratteristiche esteriori a seconda di quelle del terreno e del suolo. Germoglia in anticipo e matura tardi: ama la sua “vita terrena” e resiste a  freddo e muffa. La vendemmia è tardiva, comunque dopo il 15 ottobre.
Le varietà del Nebbiolo sono:

  • Michet: molto resistente alle malattie, ma con produzione limitata e incostante; grappolo piccolo e compatto.
  • Lampia: produzione costante; alta qualità del vino; grappolo a piramide allungata.
  • Rosé: ormai poco utilizzato.

 

BARBARESCO

Ne parla Tito Livio;  se ne ritrova notizia nel 1799, quando il Generale Melas per festeggiare la vittoria sui Francesi chiese al comune di Barbaresco una certa quantità di vini, e l’anno successivo il comune di Barbaresco fu chiamato a offrirne 12 “brente” alle armate francesi.
Il nome, lo stesso del comune in provincia di Cuneo dove nasce questo vino, racconta di invasioni barbariche tardo medioevali. Secondo altre fonti, deriva da “Barbarica Sylva”, antica foresta dedicata dai Romani a Marte, nascondiglio dei barbari, presumibilmente una comunità dei vicini Liguri.
Il Barbaresco, come lo conosciamo, è stato creato nel 1894 dal Cav. Domizio Cavazza, che fondò la prima Cantina Sociale Albese. Il metodo della vinificazione da lui applicato è quello della fermentazione totale: dopo un anno le sostanze in sospensione si depositano e si passa all’invecchiamento in botti di rovere.
La produzione è localizzata in un’area molto circoscritta (circa 550 ha) nei comuni di Barbaresco, Neive, Treiso e Alba (San Rocco Senodelvio).
Vinificazione, invecchiamento, imbottigliamento avvengono all’origine,  salvo tradizionali autorizzazioni d’imbottigliamento Asti e Alessandria. I terreni di coltivazione sono costituiti da marne con intercalazioni sabbiose del Miocene medio e superiore (Serravalliano-Tortoniano) a suolo compatto; i terreni di Treiso, San Rocco Seno d'Elvio e Neive, a Sud del centro abitato, appartengono alle "formazioni di Lequio" (Serravalliano-Tortoniano), caratterizzate da strati di marne compatte grigie, alternati a strati di sabbia. I terreni di Barbaresco e la parte di Neive che è addossata a Barbaresco appartengono alle "marne di Sant'Agata Fossili" (Tortoniano), caratterizzate da marne bluastre calcaree. Il Vitigno è il Nebbiolo nelle varietà Lampia, Michet, Rosè. La quota delle colture non va oltre i 400 metri. La degustazione ci fa apprezzare le particolari caratteristiche: il colore è rosso granato, con riflessi arancio. L’odore è etereo, delicato ma intenso; al gusto il vino è asciutto, pieno, austero, armonico. La gradazione alcoolica complessiva minima è 12,5°. L’invecchiamento richiede 2 anni, almeno 1 in botti di rovere o castagno. Per la “riserva” sono necessari 4 anni. Il Barbaresco è un vino robusto e gentile, vellutato grazie ai tannini nobili, delicato nel bouquet, profumato di violetta e rosa. Domizio Cavazza disse della sua creatura che “… è generoso senza dare alla testa, rianima lo stomaco, lascia l’alito pulito e la bocca fresca.”  E’ adatto ai grandi arrosti, ma nulla supera perfezione della semplicità: un uovo al tegamino, con scaglie di tartufo e un bicchiere di Barbaresco. E ancora è stato detto: è vino da meditazione, “riservato, adatto alle confidenze” (M. Trimani)

 

BAROLO

Ne parlarono Cesare e Plinio; in tempi più vicini  troviamo notizie  in documenti del 700: gli Inglesi in guerra con la Francia, sostituiscono i “Clairet” con i vini piemontesi. Il nome deriverebbe da San Barolo o dalla parola celtica Brolio (bosco). I Marchesi Falletti sono i primi a produrre il vino Nebbiolo con fermentazione completa, ottenendo vino secco (e non più dolce come dalle precedenti tecniche). Ancora oggi sono conservate in efficienza le botti della Marchesa, che scrisse a Cavour per entrare in contatto con l’enologo Dudart, guru della vinificazione in quel periodo: lo stesso Cavour si era infatti dedicato alla vinificazione con l’aiuto dell’esperto francese. Anche il Re Carlo Alberto si era interessato, in tutti i sensi,  al Barolo “Il vino dei re, il re dei vini”. Importante per l’economia locale e nazionale fu l’esordio ufficiale sullo scenario internazionale: nel 1873 Barolo è a Vienna e piace agli inglesi; nascono molte cantine nella zona di Alba. Attualmente la produzione è localizzata in 11 comuni della provincia di Cuneo. Si distinguono 2 sottozone: Serralunga, Faleto, Castiglione Monforte: vini robusti, pieni, squisiti, longevi; Barolo, La Morra: meno alcoolici, profumati, vellutati, meno longevi. I terreni sono prevalentemente argilloso-calcarei. Il vitigno è il  Nebbiolo nelle sue varietà Lampia, Michet, Rosè. Vinificazione, invecchiamento, imbottigliamento avvengono all’origine (salvo tradizionali autorizzazioni d’imbottigliamento Asti e Alessandria). Le bottiglie, inconfondibili ed eleganti, sono le cosiddette “Albeisa”. Le caratteristiche organolettiche rivelano un colore rosso granato, dai riflessi arancio; un odore etereo intenso e gradevole; un sapore asciutto, pieno, robusto, vellutato ma austero, armonico. La gradazione alcoolica complessiva minima è 13°. Il Barolo, appena esce dai tini è spigoloso, sgradevole: ha bisogno dell’invecchiamento e dell’affinamento per trasformarsi nel vino cui Cesare Pavese dedicò queste parole: “diventa un miracolo esser nati”. L’invecchiamento, come da disciplinare, è 3 anni, almeno 2 in rovere o castagno. La Riserva necessita di 5 anni. E’ adatto a selvaggina, cacciagione, arrosti. Per i vegetariani anche formaggi stagionati e piatti tartufati ne saranno valorizzati.

Approfondimenti:

Geoportale Servizio Geologico d’Italia

http://sgi2.isprambiente.it/geositiweb/

http://www.unesco.it/cni/index.php/siti-italiani

http://www.winegis.it/