Una giornata da Lupi #10
Sulle tracce del grande carnivoro insieme ai tecnici del monitoraggio nazionale del lupo
Foto D. Genta
La statistica e l'Appennino
È di buon mattino che lasciamo la sede ISPRA di Ozzano dell’Emilia. Al gruppo, oltre Paola Aragno la coordinatrice nazionale del progetto, si è aggiunta Valentina La Morgia, coordinatrice della raccolta dati per Emilia Romagna e Umbria ed esperta di statistica e modelli per la fauna selvatica. Il disegno di campionamento del monitoraggio nazionale del lupo per l’Italia peninsulare è stato anche opera sua.
Lasciare una pianura così fortemente antropizzata richiede pazienza, volontà, fantasia. Ci stiamo dirigendo al Passo del Cerreto, al confine tra Emilia e Toscana. Autostrade, svincoli che si fanno grovigli, capannoni e tir ribadiscono che il cuore produttivo dell’industria alimentare italiana è in questa terra, una eccellenza mondiale. Poi arriva un momento in cui il caos si dilegua con la nebbia, quando l’orizzonte di colpo si innalza schiacciato dalle montagne e la concitazione si fa riflessione sospesa. La valle, che custodisce il letto del fiume Secchia, si apre innanzi alle ruote della fida Panda di istituto.
“Abbiamo adottato un metodo statistico per conoscere due parametri di interesse per la popolazione di lupo in Italia: la stima del numero di individui, l’abbondanza, e la distribuzione. Per le Alpi, dove il lupo ha un areale di distribuzione più ristretto, si sono indagate tutte le celle dove, da studi precedenti fatti dai progetti Life WolfAlps e Life WolfAlps EU, risulta presente; per gli Appennini, dove il lupo è largamente diffuso, abbiamo dovuto prendere in considerazione solo un sottoinsieme delle aree di presenza del lupo altrimenti non avremmo avuto forze a sufficienza per raccogliere i dati. Nell’operare la scelta di questo sottoinsieme abbiamo fatto valutazioni ecologiche e statistiche, lavorando con Francesca Marucco sin dalle fasi preliminari” È Valentina che ci racconta il lavoro teorico che si cela dietro il monitoraggio: la scelta dei quadrati nella mappa dell’Italia Peninsulare. Un singolo quadrato o cella di 10x10 Km costituisce l’unità di riferimento del campionamento. Le celle intensive ed estensive sono indagate in maniera differente, potremmo dire che il dato raccolto nelle celle estensive servirà a determinare la stima della distribuzione mentre in quelle intensive l’abbondanza del lupo in Italia.
“Il lupo ha una contattabilità variabile, anche se presente in una singola cella di monitoraggio non è detto che se ne trovino tracce, ha un comportamento sociale che raggruppa gli individui in zone specifiche e si muove in ambienti di elevata eterogeneità. Queste sono alcune valutazioni utilizzate per definire l’algoritmo e quindi la scelta delle celle. Tutti i modelli hanno però la necessità di basarsi su studi pregressi dei parametri di interesse: questo aspetto costituiva un punto di debolezza. Sebbene ogni regione abbia dati sulla distribuzione del lupo, questi sono stati ottenuti con dei metodi disomogenei in diversi istanti di tempo. L’indagine che stiamo portando avanti infatti cerca di fare una fotografia dell’abbondanza e della distribuzione della specie in un istante di tempo e con un metodo univoco per tutta Italia”.
Con Valentina siamo arrivati a conoscere la Scelta operata dal monitoraggio: le 3000 persone che percorrono a più riprese i 22000 Km di transetti in tutta Italia seguono le estrapolazioni teoriche fatte in un ufficio dell’università di Torino nell’inverno del 2019. “Dopo esserci a lungo confrontate, abbiamo scelto e scritto l’algoritmo che abbiamo tradotto nel linguaggio di programmazione R. A questo punto, tutto era pronto per farlo eseguire dal computer per avere come output la mappa dell’Italia peninsulare con evidenziate le celle da indagare. Abbiamo premuto invio. Di fronte ai nostri occhi c’era il risultato che avrebbe determinato il lavoro di così tante persone e che avrebbe portato al dato finale: un numero con una varianza (una stima), cioè valido all’interno di un intervallo confidenza. Ora iniziava per noi il lavoro più complesso e difficile: spiegare questa scelta e difenderla. Infatti i 20 tecnici Federparchi che coordinano il monitoraggio, sono persone altamente specializzate sul lupo e conoscono molto bene il territorio. Ma un’indagine di tipo statistico ha significato solo se guardata nel suo insieme, osservata nel piccolo può dare dei risultati anche controintuitivi. Mi spiego, alcune celle di campionamento possono capitare in zone dove si sa che non ci sono lupi o si sospetta ce ne siano pochi, penso ad esempio a quel paio di celle che hanno tratti in mare o che ricadono in aree fortemente, troppo antropizzate. Queste celle “strane” rappresentano proprio l’eterogeneità del territorio italiano e vanno indagate ugualmente. Non importa infatti se si riescono a trovare segni di presenza o meno: su scala ampia quello che interessa è il cosiddetto sforzo di campionamento che servirà ad avere un dato robusto e attendibile. La statistica nelle scienze naturali spesso è sfuggente".
Tra i tornanti appare la Pietra di Bismantova, che con il suo profilo squadrato spezza l’irregolarità montana dell’orizzonte. Ormai la strada ha lasciato l’ampia valle e si inerpica verso il passo. Siamo nel cuore dell’appennino Tosco Emiliano e la neve tutt’intorno ribadisce che l’inverno ha ancora qualcosa da dire. Lo sguardo spazia tra le montagne, la neve i boschi e a volte sfugge come tutte questo possa essere monitorato da fredde analisi statistiche. Sono ancora le parole di Valentina che ci aiutano a comprendere come la complessità e irriducibilità del reale possa entrare nei numeri.
“Il fattore umano è stato preservato nel nostro approccio teorico. Infatti l’algoritmo ha definito esclusivamente le celle da indagare. I transetti all’interno delle celle sono invece stati scelti dai tecnici con il lavoro preliminare sul territorio fatto tra agosto e settembre 2020. Il fattore umano include la conoscenza del territorio, le relazioni con persone che vivono il territorio (pastori, carabinieri forestali, cacciatori, guide, escursionisti…), la storia del luogo”. Anche il monitoraggio, come ogni altra attività umana, è influenzato dai singoli e dal contesto sociale di riferimento.
“Alla fine della raccolta dei segni di presenza e dalle analisi genetiche inizierà un lavoro di inferenza o generalizzazione del dato che sarà portato avanti con l’aiuto di Vincenzo Gervasi. L’obbiettivo è quello di far derivare dai dati delle celle individuate per il campionamento un risultato valido per tutto il territorio nazionale: la stima del numero di lupi con un intervallo di errore che speriamo sia quanto più verosimile possibile. Da questo numero dipenderanno le scelte che saranno operate su scala nazionale in termini di gestione e conservazione quindi sappiamo di avere una grandissima responsabilità”.
Paola Aragno, Valentina La Morgia e Luigi Molinari
Luigi Molinari ci aspetta in una piazzola poco oltre il Passo del Cerreto. È il tecnico Federparchi che ha in carico questa zona di monitoraggio e coordina il rilevamento dei segni di presenza del lupo su 147 transetti per un totale di 1100 km. I transetti vengono percorsi a più riprese durante i 6 mesi del monitoraggio e le celle di campionamento intensivo gestite da Gigi sono vicine al confine tra l’area Appenninica e quella Alpina. Iniziamo a camminare su un crinale che, verso ovest, ci apre la vista al golfo di La Spezia. In mezzo a montagne innevate, il mare insinua nei nostri occhi una striscia argentea a ricordare l’incredibile variabilità di habitat che è nel territorio italiano. Il lupo con la sua adattabilità ne è sicuramente un protagonista. Mentre saliamo Valentina e Gigi si confrontano su questo ultimo mese di raccolta di campioni. Vederli insieme su un sentiero di montagna, in cammino su un transetto, è il punto di unione tra la teoria del monitoraggio, la sua realizzazione pratica e l’aspetto umano. Luigi è uno zoologo che lavora sul lupo da 10 anni nel Parco Nazionale dell’appennino Tosco Emiliano partecipando ai progetti europei Life - Natura 2000 Life EX-TRA, Life Mirco-Lupo. Rappresenta la conoscenza, la relazione, il radicamento sul territorio che entra nel monitoraggio grazie alla scelta operata nel tracciare i transetti.
Per un attimo la bellezza del paesaggio ci distoglie dall’intervista camminata, il metodo che stiamo seguendo per entrare in contatto diretto con il territorio e i suoi protagonisti. Sta scendendo una leggera nebbiolina e piccoli fiocchi di neve scivolano sulle nostre giacche. Arriviamo al passo dell’Ospedalaccio crocevia di molti sentieri tra cui spicca l’E1, la grande percorrenza Europea che unisce Capo Nord in Norvegia a Capo Passero in Sicilia. La storia fatta di divisioni e frontiere che trasformano la geografia in un incubo, si materializza in un cippo in mattoni a segnare il confine della fu repubblica Napoleonica Cisalpina. I territori, se interrogati, sono dei moltiplicatori naturali di storie e questo remoto punto di frontiera ci ricorda che Il 5 maggio 2021 sono passati 200 anni dalla morte di Bonaparte. Un vecchio faggio dal tronco ritorto e straordinariamente ampio, in disparte, osserva il paesaggio. Avrà visto la posa del cippo di confine? Tramontano gli imperi e l’umana vanità, i sogni di grandezza svaniscono: poca cosa sono in confronto alla ricchezza della biodiversità, un equilibrio dinamico, che la nostra specie sta compromettendo.
Luigi Molinari
“La prima cosa che ho cercato di capire quando ho accettato questo lavoro è stato lo sforzo in termini di numero di campioni da raccogliere e km da percorrere. Da quando lavoro mi occupo di lupo e so quanto sia importante avere una conoscenza approfondita del territorio per accettare un incarico del genere. È fondamentale avere sul campo delle associazioni che ti aiutino in una attività così capillare. Mi sono trovato in una situazione abbastanza ideale rispetto ad altri tecnici, perché la mia rete già l’avevo creata negli anni: Aigae, Cai, Lipu, Wwf Parma, io non ho paura del lupo, Selvatica oltre ad alcuni ragazzi dell’Università degli studi di Parma”. La voce di Gigi cantilena un accento emiliano aggiungendo un nuovo colore alla tavolozza di dialetti che stiamo incontrando. “Molti dei volontari si sono formati approfonditamente seguendo anche il corso e-learning fatto da ISPRA, ma per arrivare a pensare come un lupo serve pratica di campo e la pandemia ci ha negato questa possibilità. Banalmente anche andare a recuperare i campioni raccolti dai volontari è diventato un problema. Ma comunque la rete che si è formata ha sviluppato sensibilità ambientali e rapporti tra le persone che potranno essere riutilizzate anche in altri progetti. Speriamo soprattutto in una seconda stagione del monitoraggio, dove il meccanismo che è stato messo in piedi quest’anno possa dispiegare a pieno le sue potenzialità”.
Il tempo sta rapidamente peggiorando, siamo nella zona di incontro tra le correnti mediterranee e quelle appenniniche e le tempeste che si sviluppano tra il passo della Cisa, poco più a nord, e il passo dell’Ospedaletto, sono, a volte, insidiose. Una radura ampia dove confluiscono diversi sentieri fa muovere Gigi avanti e indietro alla ricerca di segni di presenza.
“Un punto di marcatura serve ai lupi per segnalare, per comunicare agli altri branchi i confini del loro territorio. In questa radura troviamo tanti escrementi perché ci troviamo al confine del territorio di due nuclei familiari, uno proveniente dal versante emiliano e uno toscano. Queste aree di sovrapposizione dei segni di marcatura sono luoghi dove si combatte la guerra olfattiva tra branchi per ribadire la territorialità, senza sprecare energia in combattimenti cruenti. Il lupo, da animale opportunista, cerca di ottimizzare anche le marcature, ed è per questo che le troviamo negli incroci o in questi confini orografici: con poco sforzo sono “odorabili” da diverse traiettorie simultaneamente”.
Le parole di Luigi ci accompagnano lungo il sentiero mentre cerchiamo di capire cosa significhi pensare come un lupo.
“Qui l’impatto del lupo sulla zootecnia è trascurabile perché i pochi pastori sopravvissuti allo spopolamento montano convivono bene con il predatore, hanno i cani e i recinti. Nella Lunigiana alcuni agricoltori utilizzano le pecore per pulire l’erba sotto gli ulivi e nonostante alcune predazioni parliamo di fenomeni trascurabili. Probabilmente la predazione su cane è l’unico fenomeno che ha creato allarme sociale fino a diventare una vera e propria bomba mediatica”. Gigi ci indica il versante emiliano. Siamo nella zona di produzione del parmigiano Reggiano. Ogni forma necessita di circa 550 litri di latte per essere prodotta, quindi centinaia di stalle, bovini, vitelli e parti continui. Lo smaltimento delle placente, a volte fatto in maniera sommaria, attira lupi ma anche cani di piccola taglia. Se un branco, in questi contesti, impara a predare il cane è probabile che reiteri questo comportamento. “Qualche anno fa abbiamo catturati due lupi e li abbiamo seguiti con il radiocollare per comprendere meglio le loro abitudini. Il branco predava i cani dei cacciatori durante le battute di caccia e stabilmente si cibava delle placente non smaltite dalle grandi aziende della zona. Queste modificazioni dell’ambiente di origine antropica creano delle variazioni nel comportamento predatorio dei lupi che poi sono difficilmente governabili”.
Una delicata neve inizia a scendere e imbianca le sommità dei faggi. L’assenza momentanea di vento permette a questa impalpabile nota di colore di depositarsi su tutto il paesaggio che vira rapidamente al chiaro. Dopo l’immancabile visita ad una fototrappola fissata ad un albero per sostituire la scheda SD, Luigi si ferma a prelevare i campioni di una fatta fresca e dall’analisi dell’escremento ci mostra un unghiello di ungulato, capriolo forse, e un pezzetto di testa di femore. Il territorio tra lockdown e periodo invernale ha visto una presenza molto sporadica di uomini lasciando la fauna selvatica libera di vivere il territorio in libertà. Dove sono i lupi ora che scende la neve? Quali saranno le contese che in questo bosco avranno luogo nelle prossime ore notturne? Sono le parole di Luigi che, mentre torniamo alla macchina, ci fanno viaggiare dentro questo lembo di foresta tra l’Appennino e il mare.
Seguiteci sul sito ISPRA ufficiale del monitoraggio nazionale lupo
Testi Giulio Carcani, Foto Daniela Genta, Revisione Scientifica Paola Aragno, Valentina La Morgia