Una giornata da Lupi #9
Sulle tracce del grande carnivoro insieme ai tecnici del monitoraggio nazionale del lupo
Tra gli alberi del giardino Nadia, Romolo e Daniele
Ululati e genetica, storia di un incontro
La pianura incombe sotto un cielo basso, plumbeo, carico di pioggia. La primavera ha ancora qualche sussulto invernale ma il giardino della sede dell’ISPRA di Ozzano è un’esplosione di colori: meli, ciliegi e lillà si confondono di buon mattino a lepri, caprioli e una quantità indefinibile di uccelli in transito.
Siamo arrivati allo snodo centrale del monitoraggio nazionale del lupo: Ozzano dell’Emilia. Nel laboratorio di genetica, confluiscono tutti i campioni biologici (feci e tessuti da carcasse) raccolti dai tecnici di campo nell’Italia peninsulare.
Dall’analisi del Dna contenuto nelle cellule epiteliali di sfaldamento dell’intestino dell’animale presenti nell’escremento sarà possibile avere informazioni sulla popolazione di lupi e sulle loro caratteristiche ecologiche e genetiche.
Riavvolgere il racconto di un monitoraggio nazionale, trovandosi nel punto di raccolta dei i campioni, è emozionante. Il secondo piano della palazzina, il laboratorio, è il collettore di tutte le storie che abbiamo incontrato nei mesi precedenti, girando tra l’appennino e le pianure della penisola. Una vertigine che intreccia paesaggi, habitat, prede, strategie di sopravvivenza, uomini, dialetti, leggi, aree protette, specificità culturali, zootecnia con un animale affascinante, evocativo, elusivo, sfuggente, totemico: il lupo.
Nadia Mucci, Romolo Caniglia e Edoardo Velli, rispettivamente responsabile di Area, referente scientifico e tecnico di laboratorio del laboratorio di genetica, ci accolgono con un sorriso e un caffè. Per oggi derogheremo al metodo delle interviste camminate in natura, nonostante il parco circostante sia invitante, ma la curiosità di vivere un laboratorio che utilizza tecniche all’avanguardia, accompagnati da ricercatori, non capita di frequente.
Romolo si avvicina ad un frigorifero e lo apre: al suo interno, in disciplinati raccoglitori, fanno bella mostra di sé centinaia di provette che vengono utilizzate sul campo per campionare le feci di lupo. L’ambiente asettico del laboratorio fa da contraltare alle tracce dei tanti sentieri da cui proviene il contenuto di ogni singolo campione, una geografia genetica raccolta da ottobre ad oggi da più di 2000 persone su circa 13000 km. Nelle etichette, un’indicazione geografica e una data specifica popolano la mappa dell’Italia del monitoraggio. Il frigorifero sembra vivere di una vita parallela, tra le centinaia di provette, ci sono quelle che abbiamo visto prelevare sul campo nei mesi precedenti. Per ogni campione si potrebbe scrivere una storia, iniziando proprio dal motivo per cui è stato scelto quel transetto per la raccolta, dalle persone coinvolte e le infinite difficoltà che la pandemia ha inserito nell’attività di campo.
La radio questa mattina ricordava che 60 anni fa, nel 1961, Jurij Gagarin faceva il primo volo spaziale nella storia umanità. Chissà, visto dall’orbita del Vostok, come era il mondo? Le implicazioni della rivoluzione genetica dovevano ancora manifestarsi nello sviluppo vertiginoso e incredibile che ora è sotto i nostri occhi, tra i macchinari ordinati del laboratorio. Rosalind Franklin aveva scattato la prima foto a raggi X del Dna nel 1953 ma nessun genoma era stato ancora sequenziato nel 1961; la Pcr e la Crispr, metodologie di laboratorio fondamentali per analizzare e manipolare il Dna, erano ancora da venire. Gli strumenti e le tecniche di analisi, nei prossimi anni, avranno un tumultuoso sviluppo, tanto da non riuscire a prevedere cosa sarà possibile “fare geneticamente” quando giungerà il centenario del volo di Gagarin nello spazio.
Il lupo e la genetica: viaggio di un campione
In fila sui banconi bianchi, strani macchinari, robot, provette, computer disegnano la geografia tecnica del laboratorio. La luce del neon illumina le facce di Nadia, Edoardo e Romolo che iniziano a raccontarci, in un contrappunto di informazioni, passione e orgoglio, quello che è il viaggio di un campione. Sarà un discorso corale che ci accompagnerà fino al capolinea di questo viaggio: un nome univoco, all’interno della banca dati, per ogni campione appartenente alla sottospecie Canis lupus italicus.
Ogni passaggio descritto avviene in provette e contenitori diversi etichettati contenenti i reagenti specifici ed il Dna del campione
Prima fase
“Nelle zone di campionamento intensivo per ogni escremento, attribuibile ad un lupo, vengono raccolte due copie dello stesso campione: uno per un uso immediato ed un altro di scorta, da utilizzare in caso di imprevisti. Si tratta di tamponi fecali conservati in soluzione in una provetta. Sia nelle zone di campionamento intensivo che nella zone di campionamento
estensivo verranno raccolte anche piccole porzioni di escrementi singoli conservate in etanolo che non saranno analizzate ma contribuiranno alla biobanca. La porzione della biobanca relativa alla zona estensiva verrà realizzata con il contributo del LIFE MIRCo-lupo che mette a disposizione un freezer per lo stoccaggio di questi campioni nel tempo. Infatti, nell’etanolo, un campione organico alla temperatura di -20°C può conservarsi per un tempo praticamente infinito. “Quando tra anni scopriremo delle nuove tecniche per studiare geneticamente altri aspetti della popolazione di lupo, potremo utilizzare ancora i campioni relativi a questa raccolta”, la voce è di Nadia dal bell’accento emiliano “I campioni che ci arrivano vengono etichettati e ‘rabboccati’, nel caso i liquidi di conservazione non siano ai livelli previsti dallo standard. Nell’ambito dell’analisi di campioni fecali di lupo, il nostro laboratorio, che è in qualità Iso9001, si distingue per il numero elevatissimo di campioni processati, circa 20.000, provenienti da tutto il mondo”.
“Quando abbiamo un numero sufficiente di campioni, inizia il processo di analisi: si aggiunge al contenuto di ogni provetta un reagente, che, in stufa alla temperatura di 56°C, libera il Dna dal nucleo. La soluzione torbida che contiene il DNA, residui della digestione e della matrice biologica, viene purificata mediante un processo di filtraggio chimico fino a diventare una soluzione trasparente contenente solo il DNA presente nel campione.
Il rotore che alla temperatura di 56° agevola la “digestione” delle cellule dei campioni liberando il DNA contenuto al loro interno
Ovviamente oltre al Dna del presunto lupo, ci saranno anche quelli di altre forme viventi presenti al momento della raccolta, come batteri o tracce di altri animali, prede di cui l’esemplare si nutrito. Ora è Romolo che sta parlando. Il caleidoscopio di accenti del monitoraggio nazionale del lupo si manifesta in una cadenza abruzzese pacata e comunicativa. “Parlo di probabile lupo, perché al momento della analisi noi non sappiamo se si tratta di lupo, cane o ibrido. È importante inoltre sottolineare che questa attribuzione sarà possibile indicativamente solo per il 50% dei campioni che arrivano alla fine del processo di sequenziamento genetico. Infatti per il restante 50% la qualità del Dna è compromessa dalle condizioni ambientali che hanno preceduto la fase di raccolta. Questo è il motivo per cui siamo in stretto contatto con i 20 tecnici Federparchi incaricati della raccolta: dal continuo scambio di informazioni con loro siamo riusciti a mettere a punto un metodo che ci ha portato a raggiungere un alto standard nella raccolta, conservazione ed analisi dei campioni fecali”.
Seconda fase
“Il Dna del campione viene sottoposto a Pcr (Polimerase Chain Reaction) un processo che permette di amplificare delle parti di Dna per renderlo leggibile e interpretabile nei passaggi successivi. Le parti che amplifichiamo sono soltanto quelle in cui ci sono contenute le informazioni sufficientemente diagnostiche da determinare le caratteristiche del lupo, ibrido o cane. Da queste piccole porzioni di codice genetico saremo in grado, una volta sequenziate, di ottenere una impronta genetica univoca dell’animale. Nell’ambito del monitoraggio, il modello di cattura, marcatura e ricattura, ci permette di correlare il numero di volte che un animale viene ricampionato ad una stima della abbondanza della specie. Ecco perchè i frammenti di Dna che amplifichiamo devono essere sufficientemente variabili da darci informazioni univoche sull’animale. La caratterizzazione dell’impronta genetica deriva dalle informazioni (marcatori molecolari) ottenute da studi pregressi derivati dalla banca biologica del lupo dell’ISPRA, che ha una età di 20 anni circa” Edoardo ci sta portando a vedere le macchine che indagano le frontiere della vita “Il Dna amplificato viene caricato in un sequenziatore che trasforma le informazioni chimiche del Dna in stringhe numeriche. Le operazioni di amplificazione ed analisi vengono replicate almeno 4 volte per ogni campione perché abbiamo a che fare con materiale genetico ricavato da feci, cioè campioni non invasivi, che necessita di essere riverificato. Se avessimo dei campioni invasivi, sangue, tessuti, non dovremmo ripetere questo passo quattro volte, ma lo stress di prelievo sull’animale sarebbe enormemente maggiore, senza considerare che per animali elusivi come il lupo non è nemmeno semplice procedere ad una cattura. Il prezzo da pagare è che il 50% dei campioni così prelevati non risulta idoneo per le nostre indagini e purtroppo ce ne riusciamo ad accorgere solo in questa fase. Il 50% di campioni utilizzabili, processati con successo, va a costituire il cosiddetto dato grezzo”.
Ogni operazione può essere compiuta su 96 o 384 campioni simultaneamente grazie a delle stazioni robotiche
Terza Fase
“Dal dato grezzo, che sostanzialmente è una sequenza alfanumerica, le analisi vengono elaborate con software dedicati: validazione e correzione di eventuali errori d’interpretazione, confronto con la banca dati biologica del lupo, valutazioni sul tipo di sequenze trovate, analisi statistiche. È importante capire che, anche a fronte di una catena tecnologica così complessa, l’estrapolazione del dato finale è un prodotto di tipo probabilistico: con ragionevole certezza potremmo dire che il Dna presente nel campione X, appartiene ad un lupo Y, che è stato ricampionato n volte, che si tratta di un maschio/femmina e nella linea materna/paterna presenta/non presenta segni di ibridazione.
Il dato grezzo, un arcobaleno di colori, che per gli esperti assume dei significati ben precisi
Infine, alla sequenza, si attribuirà un codice univoco che sarà associato al campione e verrà introdotto nel banca dati del monitoraggio nazionale, come il nome in una carta d’identità:
W313F (W wolf, n progressivo, F female)
Le varie fasi del viaggio di un campione biologico: dalla raccolta dei campioni, fino al risultato finale
Il processo è terminato e si può iniziare ad analizzare un altro campione. Per ciascuna delle 11 zone di campionamento intensivo sono stati previsti una media di 135 campioni, quindi alla fine del monitoraggio avremo circa un totale di 1500 campioni da analizzare”.
Dalla finestra del laboratorio, il crepuscolo confonde la bruma padana in un’aura di mistero. Le montagne sono un sospetto indefinito oltre la grande pianura, troppo remote per esser visibili ma anche prossime per non esser intuite. Il tempo da lupi, che ci avvolge, ha lasciato traccia nelle telecamere dell’Istituto che qualche tempo fa hanno inquadrato un branco vicino il cancello d’ingresso. Forse gli animali sospettavano che le loro tracce biologiche fossero nel database nazionale creato al di là del recinto? Le voci di Nadia, Edoardo e Romolo continuano a raccontarci quanto il monitoraggio sia stato un moltiplicatore di contatti tra ricercatori e approfondimenti scientifici.
“La rete di circa 2000 operatori che sta contribuendo alla realizzazione di questa impresa nell’appennino è uno dei valori indiscussi di questo progetto. A volte si pensa che il laboratorio sia lontano dalle attività di campo e invece sono azioni collegate da un filo ininterrotto che permette di migliorare sempre di più i metodi di raccolta. Il lavoro del progetto, oltre all’interazione continua con altri gruppi di ricerca, ha nel continuo approfondimento scientifico una costante imprescindibile. Gli argomenti che trattiamo sono in evoluzione rapidissima e, se non ci tenessimo aggiornati, si rischierebbe in poco tempo di diventare obsoleti. Ad esempio la tecnica di raccolta con il fecal swab (tamponi fecali in provetta) è nata leggendo un articolo di ricercatori americani che proponevano una pratica simile per lupi nordamericani. Noi ne abbiamo comparato l’efficienza con la raccolta tradizionale dei campioni in etanolo ed è nata la tecnica che stiamo adottando ora per i lupi italiani”. Le voci si alternano nella forma di un coro che tratteggia la scena di una rappresentazione intensamente vissuta “Con i fondi di progetto siamo riusciti ad acquisire un sequenziatore, a contrattualizzare del personale e quando finirà il lavoro di laboratorio vorremmo utilizzare i dati ottenuti per scrivere un articolo scientifico”.
Nadia ci illustra come il processo di analisi del Dna viene automatizzato e serializzato
Il cerchio della ricerca pubblica si chiude: investimenti, scambio di conoscenze tra esperti, creazione di linee guida, risultati ottenuti secondo dei metodi chiari e condivisi che saranno utilizzabili dai decisori per orientare le scelte politiche sulla conservazione della biodiversità, arricchimento della biobanca genetica sul lupo ad uso della comunità scientifica, pubblicazione di articoli scientifici, lavoro. Il paradigma della ricerca pubblica trova qui uno sviluppo chiaro e coerente. L’era della scienza e della tecnica che abitiamo potrà dispiegare le sue potenzialità solo se gli obiettivi della ricerca avranno a cuore un orizzonte condiviso con la collettività e saranno comprese dai cittadini che, con le loro tasse, ne sono i finanziatori.
Nella palazzina accanto ai laboratori ci sono gli ambienti dedicati al personale amministrativo. Le attività portate avanti nel monitoraggio nazionale del lupo non sarebbero possibili se non ci fossero le persone che permettono alla macchina organizzativa di funzionare con il loro prezioso supporto. Le gare per comprare i materiali di laboratorio, la sicurezza, la messa in opera di architetture informatiche, la gestione dei contratti e delle trasferte di così tante persone sono gestite da Maria Angela Selvatici, Graziella Bellagamba, Marialba Cazzato, Marco Deana assieme a tutti gli altri amministrativi, senza i quali le attività non potrebbero procedere. Pur non apparendo mai tra i nomi degli autori degli articoli scientifici, senza di loro nulla di questo sarebbe possibile. Sono le loro voci che ci raccontano quanto sia importante il coinvolgimento di tutta la filiera negli obiettivi e finalità del progetto.
Maria Angela e Nadia, la parte amministrativa e quella di ricerca insieme sotto uno stesso cielo
Si è fatta sera, la grande pianura è battuta da una pioggia melensa e straniante. Per noi che restiamo nella foresteria dell’Istituto è il momento di muoverci alla ricerca di cibo, che nel lockdown si tradurrà nello scegliere l’unico posto aperto nei dintorni: un ristorante cinese. Non saranno i celebrati tortelloni emiliani, ma i ravioli al vapore, a renderci la serata più saporita ma in fondo il principio metabolico è lo stesso.
Testi, disegni e foto Giulio Carcani. Revisione scientifica Nadia Mucci, Romolo Caniglia, Edoardo Velli, Paola Aragno
I Ricercatori del laboratorio di genetica di Ozzano dell’Emilia sulla caratteristica scala elicoidale dell’edificio, mimano i nucleotidi del Dna. Foto D.Genta
Ciack nel cortile: Edoardo e Romolo ci parlano dell’ibridazione lupo-cane ripresi da Daniela
Foto D.Genta
Sterilizzazione degli strumenti Foto D.Genta
Preparazione di un campione Foto D.Genta