L'ululone inganna l'apparenza
Invisibile per la maggior parte della vita ma anche straordinariamente vistoso in caso di pericolo
Dorso di colore grigio brunastro con verruche spinose, ventre liscio giallo vivace macchiato di grigio bluastro, azzurro-nero, lunghezza massima 6 cm. Il maschio, durante il periodo riproduttivo, è provvisto di escrescenze cornee nerastre sulla faccia inferiore dell'avambraccio e sulle dita degli arti anteriori e posteriori.
La descrizione dell’ululone appenninico non è tra le più seducenti secondo i canoni di bellezza umani ma la pupilla cuoriforme lo rende subito irresistibilmente attraente. Il nome scientifico è Bombina pachypus e, sul pianeta terra, è possibile incontrarlo esclusivamente nell’Italia peninsulare dalla Liguria centro-orientale alla Calabria meridionale (per questo si dice che è un endemita appenninico).
L’ululone è diffuso tra la collina e la montagna e come tutti i rospi nel periodo riproduttivo attira la femmina gracidando, pur essendo sprovvisto di sacchi vocali. Il verso che produce però è simile a quello del carnivoro più evocativo dell’appennino: il lupo. Da qui il suo nome.
L’invisibilità e la vistosità convivono nel dorso e nell’addome dell’ululone, contribuendo alla sopravvivenza della specie. Per proteggersi dai predatori si mimetizza grazie alla pelle color fango del lato dorsale del corpo, ma se non dovesse essere sufficiente per allontanare gli appetiti dei predatori, sfodera “il lato nascosto” evidenziando la pigmentazione sgargiante dell’addome, inarcando il corpo e assumendo una posizione caratteristica ("Unkenreflex”, dal tedesco “riflesso dell’ululone”). Il significato è inequivocabile: “Attenzione predatori, sono velenoso!”. Infatti, se spaventato, l’ululone secerne una sostanza schiumosa irritante per le mucose che lo rende pressoché non commestibile.
I disegni dell’addome sono unici per ogni individuo, un po’ come le nostre impronte digitali, permettendo così agli studiosi di identificarli facilmente. Vive circa 7/8 anni e tra ottobre e aprile è inattivo svernando in buche nel terreno o sotto rocce ricoperte da vegetazione. Al risveglio, con le piogge abbondanti dei mesi primaverili, le grandi pozze d’acqua e gli stagni vengono colonizzate da altri rospi, tritoni e bisce d’acqua, suoi competitori/predatori naturali.
Per questo l’ululone preferisce deporre le uova in piccole pozze temporanee, poco profonde e abbastanza assolate, anche quelle che si generano dalle impronte dei grandi erbivori, una nicchia ecologica “estrema” amata da pochi. Le uova saranno così al sicuro dai predatori ma non dal prosciugamento dovuto al caldo estivo. Per ovviare a questo problema ogni coppia di ululoni depone poche uova alla volta in tante pozze differenti. Nonostante queste strategie il successo riproduttivo della specie è basso e la mortalità dei girini è alta. Diversi studi mostrano che lo sviluppo embrionale dei girini si accelera all’aumento della temperatura dell’acqua, come adattamento al rischio di prosciugamento, proprio per sbrigarsi a diventare adulti nel caso in cui l’acqua nelle pozze dovesse evaporare completamente.
Il lato mimetico dell'ululone Foto M. Mirabile
L’ululone appenninico è una specie protetta dalla direttiva Habitat. Purtroppo risulta in cattivo stato di conservazione ai sensi della direttiva e in pericolo di estinzione secondo i criteri IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) nella Lista Rossa Italiana. Le cause che minacciano la sopravvivenza dell’ululone sono differenti e la scienza si sta interrogando per trovare delle soluzioni che possano arrestare questo rapido declino. La perdita di habitat umidi dovuti alla captazione di acqua per scopi agricoli, l’abbandono degli abbeveratoi per le mandrie dovuto al declino delle attività silvo pastorali in montagna e i rapidi tempi di prosciugamento delle pozze temporanee, anche a causa dei cambiamenti climatici in atto sono alcune delle ragioni del declino della specie. A queste pressioni di origine antropica, si aggiunge anche la recente diffusione di un fungo parassita della pelle.
In Italia sono presenti 41 specie di anfibi e solo una parte (34 specie) sono protette dalla direttiva Habitat; il nostro Paese ha l’obbligo di fornire ogni 6 anni una valutazione sullo stato di conservazione per queste specie. Purtroppo queste valutazioni hanno messo in luce che, nel periodo compreso tra il 2013 e il 2018, oltre il 50% degli anfibi protetti sono in uno stato di conservazione cattivo.
Gli anfibi a livello mondiale (dati della IUCN, 2022) sono la classe di vertebrati maggiormente minacciata con il 41% delle specie in pericolo di estinzione.
Vuoi sapere altre informazioni sull’ululone appenninico, sugli habitat dove vive e sulla diffusione geografica della specie in Italia? Cercalo con il suo nome scientifico, Bombina pachypus sul sito ufficiale Reporting direttiva habitat.
Il sito mette a disposizione i dati relativi all’ultimo rapporto italiano sullo stato di conservazione e la documentazione utile per la realizzazione delle attività di monitoraggio di tutte le specie e habitat protetti.
Siamo parte della natura: proteggiamola con piccole attenzioni.
Non raccogliere i fiori, non dar da mangiare o avvicinare gli animali selvatici, non degradare gli habitat: la cura è aver cura.