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Qual è l’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Italia?

A questa domanda cerca di rispondere lo studio pubblicato da ISPRA, relativo al periodo 2015-2019, che rientra in uno degli obiettivi del monitoraggio nazionale del lupo

 

I risultati del monitoraggio nazionale del lupo, pubblicati a maggio 2022, hanno confermato che negli ultimi decenni la specie si è espansa naturalmente in gran parte dell’Italia. Se da una parte la presenza del lupo in territori da cui è stato assente per decenni è un grande successo in termini di conservazione della specie, dall’altra la sua gestione richiede un articolato confronto con chi svolge attività zootecniche in diverse aree del Paese. Per analizzare in modo più approfondito la complessità della relazione tra lupo e zootecnia, Ispra ha pubblicato uno studio sulla Stima dell’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Italia. Analisi del periodo 2015 – 2019.

I dati, raccolti secondo criteri documentati e trasparenti, potranno essere utili a indirizzare politiche a sostegno della zootecnia con misure adeguate di mitigazione e prevenzione dei danni, favorendo la coesistenza tra uomo e lupo.

Quali dati sono stati considerati nello studio?

La normativa nazionale e regionale prevede che Regioni, Province autonome e Parchi nazionali indennizzino i danni alle attività produttive (colture e allevamenti) causati dalle specie selvatiche, tra cui il lupo. Nello studio sono stati raccolti, per ogni anno, i dati relativi agli eventi di danno denunciati dagli allevatori tra cui il numero di capi predati per specie, il luogo della predazione e l’importo indennizzato per ciascun evento.

Quale è il periodo di riferimento di questo studio?

Lo studio ha analizzato i danni indennizzati dalle Amministrazioni dal 2015 al 2019 ed è stato condotto nell’ambito del monitoraggio nazionale del lupo, realizzato da ISPRA su incarico del Ministero della Transizione Ecologica.

Quale è stata la procedura di raccolta dei dati?

I dati per stimare l’impatto del lupo sulle attività zootecniche nel periodo 2015-2019 sono stati forniti dagli uffici competenti in materia presso Regioni, Province autonome, Parchi nazionali e alcune aree protette regionali, in seguito ad una richiesta formale inoltrata da ISPRA. Nello specifico sono state coinvolte 17 Regioni (tutte tranne le Isole maggiori), le Province autonome di Trento e Bolzano, 20 Parchi Nazionali (tutti tranne quelli nelle isole), il Parco Naturale Regionale Sirente Velino e le aree protette regionali del Lazio. Il coinvolgimento diretto di questi Parchi Regionali si è reso necessario perché, a differenza di quanto avviene nel resto d’Italia, le pratiche di indennizzo dei danni da lupo nelle aree protette del Lazio e nel Sirente Velino sono gestite separatamente da quelle che ricadono nel territorio libero della regione di appartenenza.

Quanti sono e dove sono i lupi in Italia?

I risultati del primo monitoraggio nazionale del lupo riferiti alla stagione riproduttiva 2020 – 2021 indicano che nel nostro paese la specie è presente in un numero compreso tra 2945 e 3680. Con stagione riproduttiva si intende il periodo nel quale è avvenuto un evento riproduttivo per la specie, è il periodo che intercorre tra una nascita dei cuccioli, che nel lupo avviene a inizio maggio, e la successiva.

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Cosa si intende per impatto del lupo sulle attività zootecniche?

Si intende principalmente l’uccisione di capi di bestiame, il loro ferimento o smarrimento, l’interruzione di gravidanze in corso. Lo studio che è stato realizzato ha considerato solo la forma più grave di impatto, ovvero l’uccisione documentata ed accertata di capi di bestiame da parte del predatore. I danni da lupo considerati nella presente indagine sono, inoltre, solo quelli rilevati dai sistemi di compensazione che ogni Regione e Parco ha messo a disposizione per il periodo di riferimento. Con sistema di compensazione si intende l’insieme di regolamenti e procedure che nel loro insieme determinano l’iter che va dal verificarsi dell’evento di danno, la sua denuncia, la richiesta di indennizzo, il sopralluogo per la verifica e quantificazione del danno, fino alla liquidazione della quota a compensazione dello stesso. Le quantificazioni presentate nel nostro studio sono quindi da considerarsi come dati minimi, poiché non tutti i danni da lupo vengono rilevati, denunciati e compensati. Nel report, oltre a una descrizione quantitativa dell’impatto del lupo sulla zootecnia, viene presentata anche un’analisi delle diverse normative in vigore nelle Regioni, Province autonome e Parchi nazionali nei cui territori sono stati raccolti i dati. A causa della frammentazione normativa che caratterizza i sistemi di compensazione dei danni arrecati dal lupo, si è riscontrato un elevato grado di disomogeneità e, in alcuni casi, di incompletezza dei dati messi a disposizione dai diversi Enti. Questo rende difficile un confronto tra aree geografiche ed amministrative diverse.

Quali sono gli animali da allevamento considerati in questo studio?

L’archivio più completo, seppure non esaustivo, di informazioni sulle consistenze zootecniche nel territorio italiano è costituito dalla Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica (BDN, www.izs.it) istituita dal Ministero della Salute presso il Centro Servizi Nazionale (CSN) dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale (IZS) "G. Caporale" di Teramo. La BDN, oltre ai dati sul patrimonio zootecnico, archivia anche dati sulle movimentazioni degli animali, sulle macellazioni e sulle nascite, furti e smarrimenti, nonché informazioni sulle produzioni. La banca dati comprende sette differenti anagrafi: bovina e bufalina, ovina e caprina, suina, equina, avicola, acquacoltura e apicoltura. Nel presente studio si considerano soltanto i dati relativi alle anagrafi bovina e bufalina e ovina e caprina.

Quanti sono gli ovini e i bovini presenti in Italia nel periodo di riferimento?

Nel periodo 2015-2019, sono risultati registrati nella BDN una media di circa 156.152 allevamenti zootecnici con capi bovini o bufalini. Di questi, circa il 98% era rappresentato da allevamenti di capi bovini, mentre il restante 2% da allevamenti di capi bufalini. Sulla base dei dati contenuti nella BDN emerge che il numero di aziende bovine in Italia ha registrato un calo numerico durante il periodo in oggetto, passando dalle 169.601 del 2015 alle 148.074 del 2019, con una riduzione del 12,7% in 4 anni. Di contro, il numero di capi bovini registrati nell’intero Paese ha mostrato un leggero aumento, andando dai 5.890.000 del 2015 ai 5.968.000 nel 2019. Ciò evidenzia come la riduzione nel numero di aziende zootecniche abbia riguardato soprattutto quelle di piccole dimensioni. Il numero medio di capi per azienda, infatti, è passato dai 34,7 del 2015 al 40,3 del 2019 con un aumento del 16 % in quattro anni.

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Gli allevamenti ovicaprini registrati nella BDN per il periodo 2015-2019 sono risultati in media di circa 144.634. Di questi, tuttavia, circa il 23% sono risultati registrati in Sicilia o Sardegna, due regioni che si trovano al di fuori della distribuzione del lupo in Italia. Anche per il settore ovicaprino, il numero di aziende registrate in BDN ha evidenziato una costante riduzione durante il periodo di studio, passando dai 147.405 allevamenti del 2015 ai 140.460 del 2019, con una riduzione del 5,1% in 4 anni. In linea con quanto già evidenziato per l’allevamento bovino, ma in modo ancor più marcato, anche il numero di capi ovicaprini registrati nell’intero Paese ha mostrato un aumento, andando dai 4.964.000 del 2015 ai 7.485.000 nel 2019. Anche in questo caso, tuttavia, è necessario sottolineare che circa il 50% dei capi ovini registrati appartengono ad aziende localizzate in una delle due isole maggiori, sebbene la tendenza all’aumento nel numero di capi allevati sia evidente anche per le sole aziende dall’Italia peninsulare. Il numero medio di capi per azienda è quindi passato dai 33,7 del 2015 ai 53,3 del 2019, testimoniando un progressivo aumento delle dimensioni delle greggi, probabilmente dovuto alla diminuzione delle aziende di piccole dimensioni.

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Qualche numero sulle predazioni da lupo

In totale, in riferimento al periodo 2015-2019, sono stati raccolti dati relativi a 17.989 eventi di predazione accertati, per una media di circa 3.597 eventi ogni anno. L’andamento temporale degli eventi di predazione a livello nazionale ha mostrato una generale tendenza all’aumento, fatta eccezione per l’anno 2016, in cui tutte le statistiche (numero di eventi di predazione accertati, numero di capi predati, somme concesse) sono risultate in diminuzione. Il numero di eventi di predazione accertati è passato dai 3.325 del 2015 ai 4.107 del 2019, con un aumento del 23,5%.

A seguito dei 17.989 eventi di predazione totali, sono stati registrati come predati un totale di 43.714 capi di bestiame, per una media di circa 8.742 capi ogni anno. Tra i capi predati, l’82,0% erano ovicaprini, pari a una media di 7.171 capi annui; il 14,2% erano invece bovini, pari a una media di 1.439 capi annui; il 3,2% dei capi indennizzati erano equini, per una media di 280 capi annui; delle restanti predazioni indennizzate, lo 0,1% si riferiva a suini, lo 0,1% riguardava specie avicole e lo 0,4% era rappresentato da predazione su altre specie o da casi non determinati.

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Le somme concesse a titolo di indennizzo durante il periodo 2015-2019 sono risultate in totale pari a € 9.006.997 per una media di € 1.801.367 annui. La tendenza temporale ha evidenziato un calo delle somme concesse tra gli anni 2015 e 2016, seguito da un progressivo aumento negli anni successivi, che ha riportato tali somme ai livelli di riferimento del 2015. Va considerato che gli importi erogati a titolo di indennizzo si riferiscono al 77% degli eventi di predazione, poiché nel restante 23% nessun’informazione era disponibile riguardo ad eventuali compensazioni economiche del danno.

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Numero medio di capi ovicaprini e bovini predati ogni anno (periodo 2015-2019) alla scala comunale sull’intero territorio nazionale.

Perché non tutti i danni da lupo vengono denunciati? Quanto tempo è necessario per avere degli indennizzi?

Esiste una lunga catena di eventi che lega la predazione di un animale da allevamento alla compensazione economica del danno, una catena che può interrompersi in diversi punti. Innanzitutto, non tutti gli animali predati sono rinvenuti dagli allevatori, soprattutto se la carcassa viene allontanata e portata dal lupo in ambienti di difficile accesso. Non sempre gli allevatori colpiti dal danno fanno richiesta di indennizzo. Ciò può essere dovuto al fatto che alcune amministrazioni legano l’erogazione dell’indennizzo alla presenza di misure di prevenzione (non sempre presenti in azienda), ma anche ai lunghi tempi di attesa per l’erogazione degli indennizzi.  Si pensi che, nel periodo 2015-2019, il tempo medio intercorso tra richiesta di indennizzo ed eventuale liquidazione è risultato pari a 201 giorni, ma con grandi differenze tra le diverse amministrazioni. Il 17% delle predazioni riconosciute è stato indennizzato entro 60 giorni dalla richiesta, mentre nel 16% dei casi sono trascorsi più di 365 giorni. Infine, in alcuni casi non esistevano gli elementi materiali per accertare che la predazione fosse avvenuta ad opera del lupo. Tutto ciò conferma come il dato riportato nello studio rappresenti l’impatto minimo accertato, a cui si aggiunge una quota sommersa non facile da quantificare.

Cosa si intende per hotspot in questo studio?

Dai dati a disposizione e dalle analisi condotte emerge che l’impatto del lupo sulle attività zootecniche non è omogeneo ma si concentra in specifiche aree ed aziende. Tali aree ed aziende sono state definite come hotspots di impatto da lupo.

L’analisi ha evidenziato che 368 aziende bovine, pari al 20,5% delle aziende colpite da almeno un danno (e per le quali fosse disponibile il codice univoco di identificazione), ha perduto il 62,2% di tutti i capi bovini predati. Una simile distribuzione delle predazioni accertate è stata riscontrata anche per le aziende ovicaprine, per le quali una frazione minoritaria delle aziende colpite ha perduto la maggioranza dei capi predati. In particolare, in 922 aziende, corrispondenti al 25,9% del totale, si è concentrato il 73,3% dei capi ovini predati.

Considerazioni finali

Il monitoraggio dell’impatto del lupo sul comparto zootecnico è uno degli aspetti fondamentali per assicurare corretta gestione della specie in presenza di attività antropiche, base essenziale sia per la conservazione del lupo, specie particolarmente protetta e di interesse comunitario, sia per tutelare le attività produttive. L’indagine realizzata è da considerarsi un contributo parziale alla quantificazione dell’impatto del lupo sul comparto zootecnico, tenuto anche conto della spiccata frammentazione e disomogeneità dei dati raccolti.

Lo studio evidenzia chiaramente due tipologie di impatto ben distinte. Una larga maggioranza di aziende zootecniche soggette a danni da lupo sporadici e con perdite quantitativamente ridotte (si pensi che la maggior parte delle aziende, circa l’80%, ha ricevuto indennizzi per una sola predazione nei 5 anni di indagine). Una seconda tipologia invece è costituita da una minoranza di aziende (circa 1.300 a livello nazionale) che registrano attacchi frequenti, ripetuti in modo cronico di anno in anno e con perdite numeriche rilevanti.

Le analisi effettuate, pur non potendo fornire un quadro preciso degli impatti causati dal lupo in Italia, restituiscono alcuni utili elementi per una più efficace prevenzione dei conflitti che possono generarsi in seguito ad una inadeguata gestione della specie. I dati a disposizione non hanno permesso di considerare alcune variabili importanti come la densità di lupi, l’efficacia e l’efficienza dei sistemi di prevenzione presenti nelle aziende, ma anche le caratteristiche delle aree di pascolo  che incidono sulla vulnerabilitá del bestiame alla predazione. I risultati indicano però una chiara scala di priorità nel mettere in atto azioni necessarie a ridurre l’impatto del lupo sul comparto zootecnico soprattutto nelle aziende con danni ingenti e cronici, al fine di migliorare le condizioni di lavoro degli allevatori più a rischio, ridurre le spese per indennizzi a carico delle Amministrazioni, e prevenire il conflitto tra la conservazione del lupo e la zootecnia

Un aspetto particolarmente problematico emerso dalla raccolta dati, come del resto già rilevato nella precedente indagine realizzata dall’Unione Zoologica Italiana su incarico del Ministero dell’Ambiente relativamente al precedente quinquennio, è la disomogeneità dei dati raccolti dovuta principalmente alla frammentazione amministrativa e in alcuni casi alla carenza di informazioni.

Per cercare di superare tale limite, nella parte terminale del documento viene fornito un elenco di dati che si ritiene opportuno vengano registrati dalle Amministrazioni al fine di realizzare un monitoraggio del fenomeno il più possibile omogeneo in tutto il Paese.

Per approfondimenti potete scaricare il documento completo

Gervasi V., Zingaro M., Aragno P., Genovesi P., Salvatori V., 2022. Stima dell’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Italia. Analisi del periodo 2015 – 2019. Relazione tecnica realizzata nell’ambito della convenzione ISPRA-Ministero della Transizione Ecologica per “Attività di monitoraggio nazionale nell’ambito del Piano di Azione del lupo”.