Una giornata da Lupi #3
Sulle tracce del grande carnivoro insieme ai tecnici del monitoraggio nazionale del lupo
Alle pendici del Monte Nuria
Foto D. Genta
Il monte Nuria è incastonato tra le gole del Velino e l’altopiano del lago del Rascino nella catena del Cicolano. Siamo in provincia di Rieti, una zona selvaggia, poco abitata che ha subìto un forte spopolamento negli ultimi decenni. In linea d’aria sono solo poche decine di km a separarci da Roma, ma nell’appennino la linea retta si trasforma in un groviglio di strade in cui l’altrove facilmente diventa remoto.
Percorreremo un transetto, cioè un sentiero definito all’interno del piano di monitoraggio nazionale del lupo, assieme ai guardiaparco Marcello Ponzani e Sabatino Sinibaldi e Andrea Pieroni, il biologo della Riserva naturale monte Navegna e monte Cervia, cercando i segni di presenza del lupo, principalmente escrementi e impronte. Proveremo a scaricare le immagini di una fototrappola che è stata posizionata, circa un mese prima, in prossimità del transetto.
Con un bell’accento cagliaritano Andrea ci spiega che, salendo dal versante nord della montagna, troveremo il sentiero ingombro di neve: meglio venir su attrezzati. Per fortuna il tempo è magnifico e febbraio con le sue timide fioriture regala una giornata di sole e ampia visibilità sul Terminillo e i monti della Laga.
All’attacco del transetto parcheggiamo le macchine Cristina Nadotti di Repubblica ha deciso di venire di persona a capire e raccontare il monitoraggio nazionale del lupo, questa epopea che sta interessando tutto il territorio italiano da ottobre 2020 a fine marzo 2021. Abbiamo cercato di rappresentarle la filiera completa di questo progetto che vede il suo punto di forza nella creazione del Network Lupo, una rete di regioni, province, parchi, carabinieri forestali e associazioni di volontariato. Quindi oggi, oltre ai responsabili nazionali del progetto Piero Genovesi e Paola Aragno, abbiamo la coordinatrice per l’Italia centrale Valeria Salvatori, Luciana Carotenuto della regione Lazio e guardiaparco che effettueranno le attività pratiche di campo. Comprendere le relazioni, le professionalità, la complessità nel gestire il primo monitoraggio su scala nazionale di un mammifero in Italia, mette in luce quanto questa attività potrebbe generare una serie di buone pratiche e contatti in grado di sopravvivere al monitoraggio stesso.
Il sentiero si arricchisce di segni: dei cartelli indicano che siamo sul Sentiero Italia e sul CNP il cammino naturale dei parchi che unisce tutti i parchi e le riserve del Lazio.
Luciana, naturalista della Direzione Capitale Naturale, Parchi e Aree protette, che coordina il monitoraggio nazionale del lupo nel sistema regionale dei parchi e delle riserve, ci ha suggerito di venire in questi posti. “La Regione Lazio sta investendo un enorme capitale umano in questo progetto, circa 160 operatori tra funzionari, tecnici e guardiaparco. Stiamo raccogliendo i dati nelle celle campionarie che coincidono in tutto o in parte con le aree protette di nostra competenza e con vari siti Natura2000”. “Per noi”, continua, “la raccolta dei dati secondo il protocollo standard delle linee guida torna molto utile perché fino ad oggi non eravamo riusciti a raccogliere dati omogeni e in modo coordinato sul territorio regionale ed è proprio questo il motivo che ci ha fatto investire tante energie in questa attività”.
Siamo una lunga carovana che si muove su un sentiero completamente ghiacciato e insidioso. Avere in un solo gruppo così tanti zoologi ed esperti di lupi non è una cosa che capita di frequente. Su ogni escremento che si trova si aprono interessanti e ironici dibattiti, che terminano con l’attribuzione: mustelidi (tassi, faine, ghiottoni...) o volpi. Le bacche della rosa canina che regalano a tutti gli animali del bosco la vitamina c, si mostrano nelle fatte sotto forma di semi vermigli.
I guardiaparco fanno strada seguiti a poca distanza dal gruppo. Siamo una comunità transitoria e vociante che a passo lento farà probabilmente scappare tutta la fauna selvatica della zona. La neve si fa più morbida e le impronte di animali disegnano nel bianco le loro sagome. Siamo sui 1500 mt di altitudine, nel regno del faggio, il terreno è cosparso di bucce di faggiole che nel bosco sono una importante fonte calorica invernale.
Ad un certo momento la neve si apre con una serie di grandi orme in linea e tutti fanno silenzio. Il lupo potrebbe essere passato di qui. Le tracce seguono parallele il sentiero fino a quando si aprono a raggiera: ora si capisce che si tratta di tre animali. I lupi nella neve si comportano come noi, camminano in fila e chi sta dietro, per risparmiare forze, cammina nelle orme di chi lo precede. Ogni tanto la fila si rompe per poi ricomporsi, in genere poco dopo. I cani invece non hanno questa abitudine e lasciano orme molto più sparpagliate e disordinate, però la singola orma di un cane di grossa taglia è indistinguibile da quella di un lupo. Le orme vengono fotografate, georeferenziate e caricate nel database tramite l’applicazione Gaia Observer. Andranno a costituire la base di dati omogenei che si stanno prendendo su tutto il territorio nazionale e su cui si fonderà la successiva elaborazione statistica.
Andrea Pieroni vive ormai da 15 anni in provincia di Rieti e da Cagliari è stato assegnato in questa regione remota e fredda dell’appennino. "La partecipazione al Network Lupo del Parco Navegna Cervia è stata importante per tanti motivi. Intanto alcune celle che abbiamo in carico ricadono in un territorio fuori dai confini della riserva, delle ZSC (Zone Speciali di Conservazione per la rete Natura2000) ad alto valore Naturalistico che ci sono state date in gestione dalla Regione di recente. Con il monitoraggio abbiamo avuto l’occasione di iniziare ad approfondire la conoscenza e lo studio di questi territori in maniera sistematica. Poi abbiamo seguito i corsi di Ispra sul comportamento e le abitudini del lupo e sul monitoraggio sul campo, insomma una occasione di aggiornamento professionale importante”.
Siamo arrivati ad una radura ed un faggio imponente osserva l’incrocio di tre sentieri. I guardiaparco ci spiegano che è un luogo di passaggio “quasi obbligato” per gli animali selvatici che provengono da diverse direzioni del bosco e quindi, circa un mese fa, hanno installato una fototrappola. Ora con curiosità e un pizzico di impazienza prelevano la scheda e la inseriscono in un computer portatile per visualizzarne il contenuto. Siamo a 1600 mt di altitudine, sotto un cielo azzurro in una foresta di faggi in mezzo la neve e la visione di uomini che aprono un computer per vedere cosa ha catturato la video trappola è confondente. Saperi antichi e tecnologie si mescolano continuamente in questo contemporaneo che si muove a velocità asincrone. Siamo tutti incollati (con le mascherine) allo schermo. Volpi, tassi, cinghiali fanno una passerella selvatica in una scenografia notturna sempre uguale, ma di lupi nessuna traccia. Sarà per la prossima volta.
Il transetto è finito e dopo aver girato qualche intervista per la documentazione della giornata, torniamo indietro. La luce di febbraio vira al giallo e la neve si è ammorbidita per il caldo. Con Valeria Salvatori parliamo del problema dell’ibridazione lupo-cane che costituisce una grave minaccia per la conservazione della specie e sul significato che in diverse epoche si è attribuito al concetto di natura selvaggia che non è stato sempre lo stesso. Sfuma in discorsi rilassati, complice il tepore e la discesa, il nostro ritorno alle macchine nel fondovalle. Ora le ombre disegnano forme incongruenti e sinistre nel bosco, per noi è ora di andare, per gli animali selvatici è tempo di iniziare.
Testi, foto e disegni Giulio Carcani, revisione scientifica Paola Aragno
Le celle di campionamento nella regione Lazio
La foto di una fatta deve essere sempre presa con un punto di riferimento per valutarne le dimensioni
Scendendo dal transetto nella luce del primo pomeriggio
Piero Genovesi (Foto D.Genta)
Paola Aragno, Valeria Salvatori e Piero Genovesi durante l’ascesa. (Foto D. Genta)