Una giornata da Lupi #Epilogo
Sulle tracce del grande carnivoro insieme ai tecnici del monitoraggio nazionale del lupo
Davide Pagliaroli Foto Ispra: Daniela Genta
L’Orsa Maggiore è alta nel cielo di luglio. Una giornata di caldo intenso fa cantare i grilli e la notte racconta di uccelli e animali selvatici. Siamo immobili, tra le ombre della prateria che guarda la gola verso Fiastra, nel Parco Nazionale dei monti Sibillini. Sono degli attimi di attesa, ascolto, poi inizia l’ululato, che si protrae per circa due minuti, dilatato, a riempire la valle. La notte si ferma, le stelle di colpo diventano vivide e i grilli tacciono. La sospensione si scioglie in rarefatti rumori, timidi, impauriti o ignari. Il latrato del cane arriva dalle fioche luci che punteggiano la valle, la lepre, il cinghiale, il capriolo affinano i sensi.
Non c’è traccia di solitudine in questo scenario maestoso ma di presenza. Anche la montagna si mostra lieve, accarezzata dal vento soffice di una notte stellata. Dove sono le migliaia di persone che durante il monitoraggio nazionale del lupo hanno disegnato i transetti, raccolto le fatte, partecipato ad infinite riunioni, organizzato incontri, sviluppato modelli, analizzato geneticamente i campioni, sistemato i database, percorso migliaia di chilometri a piedi, affrontato le difficoltà della pandemia e la neve dell’inverno?
All’ululato, in questo punto, non c’è risposta, si va avanti sul percorso prestabilito sperando in un latrato dei cuccioli che dia la prova dell’avvenuta riproduzione del branco. Ci si muove senza far rumore, i sensi si acuiscono, i ragionamenti si fanno più snelli. Ripensare alle tremila persone che hanno fatto il monitoraggio, significa entrare in una storia che racconta l’Italia, i suoi habitat, le sue contraddizioni, cantilenata nei dialetti e nei modi di dire, con l’umorismo e l’assurdo propri di ogni regione, seguendo con stupore inaspettato il disegno delle catene montuose e delle pianure di questo Paese.
In una stellata di luglio, tra i Sibillini, il lirismo può essere una insidia da cui guardarsi ma, per un attimo, sembra tutto straordinariamente collegato. La fase di raccolta dei segni di presenza del lupo, iniziata a ottobre dell’anno passato, è terminata ad aprile 2021. Nell’attesa dei risultati, possiamo interrogarci su cosa sia stato il tempo del monitoraggio. Perché far collaborare tante persone distribuite in tutta la penisola che mai avevano lavorato insieme, coltivare un obiettivo comune, misurarsi con territori così diversi e forse irriducibili, rendere omogenei degli intenti, cercare una sintesi tra gruppi di ricerca, trovare i permessi per potersi muovere nelle regioni che diventavano rosse nell’altalena della pandemia, aprire tavoli di discussione tra enti locali, parchi, carabinieri, associazioni di volontariato, tecnici, è stata una operazione che non sembra appartenere al nostro tempo, così frammentario, disperso in infinite secessioni del senso, succube delle dolorose affermazioni del sé.
Allora probabilmente il tempo abitato è stato diverso, è stato il tempo del lupo. Fatto di pazienza, tenace osservazione, rarefazione, tracce, escrementi, fototrappole da scaricare, sentieri da percorrere, persone da ascoltare, storie da sentire, relazioni di bosco, cespuglio e orma, neve e vento di un inverno rigido, un territorio da marcare per disegnare un mosaico tenuto insieme dalla probabilità, perché il risultato del monitoraggio sarà una stima, un risultato statistico.
Il tempo del lupo, provare a ragionare come un lupo, muoversi come un lupo, il farsi lupo, sono le parole che ricorrevano nei tanti incontri fatti. La nostra geografia, ridotta a mera descrizione tecnica di distanze e dislivelli, si è trasformata nello spazio del lupo. Seguirne la diffusione ha significato osservare i cambiamenti economici e sociali che da inizio secolo hanno portato allo spopolamento delle montagne con l’urbanizzazione, alle modificazioni degli habitat, all’avanzata del bosco, all’aumento delle prede, all’introduzione delle leggi di tutela, alle difficoltà della zootecnia e degli ultimi pastori.
Il lupo, elusivo, opportunista, evocativo, simbolico, totemico, che si muove con l’accortezza di evitare gli uomini, è diventato il collante di questa avventura durata sei mesi. È riuscito ad unire, aggregare, magnetizzare sentire diversi, a renderci meno uomini del nostro tempo. Allora il profilo del monte Sibilla, che si intuisce tra le ombre e le stelle, per un solo attimo ci dice dove sono, ora che è finita la raccolta, i tremila che hanno partecipato al monitoraggio nazionale del lupo: a coltivare un sogno.
La stagione di wolf howling sembra chiudere un cerchio ideale durato un anno, all’interno del quale troviamo il lavoro di campo su tutto il territorio nazionale. I dati raccolti lungo i 22000 km di transetti percorsi a piedi adesso hanno preso altre vie, lontano dalla montagna. Sono digitalizzati, studiati, inseriti in modelli statistici per tirare fuori numeri, dati, stime, andamenti, trend.
Nel silenzio, nella solennità della cattedrale naturale che ci circonda, sfilano i volti di chi abbiamo avuto la fortuna di incontrare, delle persone che ci hanno accompagnato con cura e pazienza, delle tante parole che ci sono state affidate per raccontare i territori più diversi. Un’ombra a occidente disegna il rammarico dei tanti non incontrati, per mancanza di tempo e opportunità, ma si stempera nel fruscio del vento. Grazie di cuore a tutti.
La notte è fonda, la sessione di wolf howling è finita, torniamo alle macchine, il tempo di un saluto e si va dormire, domani si ricomincia.
Visso, Luglio 2021
Ringraziamo LifeWolfAlps Eu per il coordinamento nell’area alpina, Federparchi, il Corpo dei Carabinieri Forestali che con 504 reparti ha svolto un lavoro insostituibile, i parchi nazionali e regionali, le regioni, le provincie e le province autonome, le associazioni nazionali Aigae, Cai, Legambiente, Lipu e Wwf e le associazioni della regione appenninica A.P.S. SOS Natura, Ardea, ASNU - Associazione Scienze Naturali Unite, Canislupus Italia Onlus, Centro de Romita, Centro Studi per l'Ecologia e la Biodiversità degli Appennini, EcoLato-Sportello di agroecologia, Fare Ambiente, I Camminanti, IntraMontes, Io non ho paura del lupo, K’Nature, Piacenza Wildlife Rescue Center (CRAS), Salviamo l'Orso, Selvatica APS, Serapia, STERNA Soc coop arl , ARiF Associazione Rilevatori Faunisti, Terre del Mediterraneo, Thalassia, WildUmbria, Associazione Guide Ufficiali ed esclusive del Parco del Pollino, Associazione guide ufficiali ed esclusive del parco nazionale dell'appennino lucano Val D'agri - Lagonegrese -ONLUS , Centro Studi Appennino Lucano, GEV Bo, GEV Faenza, NaturOffice APS, le università del Molise e di Napoli Federico II, Parma, Perugia, Pisa e Teramo. I tecnici Federparchi che hanno coordinato il monitoraggio nelle zone peninsulari: Alessandro Asprea, Carmine Romano, Davide Pagliaroli, Davide Palumbo, Duccio Berzi, Enza Fava, Federico Morimando, Francesca Ciuti, Gabriella Rizzardini, Lorenzo Gaudiano, Luigi Molinari, Marco Bonanni, Marco Lucchesi, Mia Canestrini, Milena Provenzano, Paola Fazzi, Remo Bartolomei, Sara Marini, Tommaso Notomista. Istituto di Ecologia Applicata. Per ISPRA Nadia Mucci, Romolo Caniglia, Edoardo Velli, Daniele Battilani, Claudia Greco, Elena Fabbri, Federica Mattucci, Maurizio Miccinilli, Maria Angela Selvatici, Marialba Cazzato, Marco Deana, Antonietta Licenziato, Daniela Antonietti, Claudio Fattori, Stefano Papa, Graziella Bellagamba, Daniele De Angelis, Vincenzo Gervasi, Simona Benedetti, Daniela Genta, Marco Pisapia, Cristina Pacciani, Alessandra Lasco, Annarita Pescetelli, Piero Genovesi. Le coordinatrici del monitoraggio Francesca Marucco, Valeria Salvatori e Valentina La Morgia. Un ringraziamento speciale a Paola Aragno coordinatrice nazionale del monitoraggio.
Testi e disegno Giulio Carcani, revisione scientifica Paola Aragno