Carichi critici
Per carico critico si intende: la “stima quantitativa dell’esposizione a uno o più inquinanti, al di sotto della quale non avvengono effetti dannosi significativi nell’ecosistema recettore, in accordo con le attuali conoscenze”.
Questo concetto, basato sulla sensibilità degli ecosistemi (elementi recettori) alle deposizioni di inquinanti atmosferici, fu sviluppato nell’ambito della Convenzione di Ginevra (1979) sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero (LRTAP), ed utilizzato come strumento per determinare le quote di riduzione delle emissioni a carico di ciascun paese aderente alla convenzione.
Per «eccedenza» si intende la quantità di inquinante (nella deposizione atmosferica) che supera il valore di carico critico e influisce negativamente sull’ecosistema. Le aree di eccedenza per l’azoto nutriente sono indicate nella figura in alto a destra. La mappe nazionali dei carichi critici sono realizzate facendo riferimento a un reticolo geografico con maglie quadrate di 5 km e per ciascuna cella viene fornita la quantità di azoto in eccedenza per unità di superficie .
Inizialmente il calcolo dei Carichi Critici è stato realizzato utilizzando modelli così detti “di stato stazionario”, ovvero modelli in cui al variare delle deposizioni corrisponde un cambiamento delle condizioni chimiche e quindi biologiche dell’elemento recettore. In realtà la capacità tampone del suolo determina un ritardo temporale tra il cambiamento delle deposizioni, il raggiungimento dell’equilibrio chimico nei suoli e la risposta biologica. I modelli dinamici (tra cui il VSD: Very Simple Dynamic Model), utilizzati più recentemente, hanno permesso di determinare il ritardo di risposta e di definire così le modalità e le tempistiche di riduzione delle emissioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi individuati dai protocolli attuativi della Convenzione.
Esempio di VSD model (Very Simple Dynamic model)