Istituto Superiore per la Protezione
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Africano

Collezione De Santis
Type Africano
Denominazione Marmor luculleum
Classificazione petrologica breccia tettonica
Provenienza Turchia » Egea » Sigacik
Forma e dimensioni parallelepipedo 13,5 x 9,3 x 2,5 cm
Numero inventario 1154.D

Pietra ornamentale caratterizzata da un aspetto estremamente variabile. Il tipo più comune ha un fondo di colore nero, contenente macchie (clasti) bianche, giallastre, rossastre, grigio-bluastre, di forma variabile e dimensioni da millimetriche a centimetriche.
Il nome del litotipo deriva dagli scalpellini romani: probabilmente, l'errata attribuzione di questa pietra a qualche località  dell'Africa venne indotta dal colore nero predominante nella roccia. La denominazione di Marmor luculleum si riferisce al console Lucio Lucullo, che introdusse per primo a Roma questa pietra ornamentale. In passato, il litotipo era chiamato anche Marmor chium, nell'errata convinzione che esso provenisse dall'Isola di Chio, in Grecia. Il nome di Marmo chium, invece, spetta correttamente al Portasanta [vedi campione 248.D ].
La varietà  detta "Verde africanato" ha fondo verde scuro, mentre quella detta "Bigio africanato" ha fondo grigio-brunastro.

L'Africano è una roccia sedimentaria clastica. Esso è infatti una breccia tettonica a composizione carbonatica. La varietà  bigia contiene sia calcite che dolomite. Invece, la varietà  verde mostra tracce di un metamorfismo di basso grado che ha provocato la formazione di clorite: questa specie mineralogica è concentrata nel cemento ed è responsabile della colorazione assunta dalla roccia. Spesso, sono presenti vene di quarzo. In generale, l'Africano contiene resti fossili di bivalvi del gruppo delle Rudiste, riconoscibili con estrema difficoltà .
L'Africano fu uno dei marmi colorati più apprezzati e diffusi nella Roma antica. Il suo impiego, documentato dall'epoca tardo-repubblicana fino a quella imperiale, raggiunse il massimo sviluppo dalla fine del I sec. a.C. (durante l'impero di Augusto) alla metà  del II sec. d.C. (sotto la dinastia degli Antonini). Il litotipo si diffuse in tutto l'impero. Il suo riutilizzo è documentato fino all'epoca moderna (principalmente per colonne e lastre di rivestimento).
Gli impieghi e reimpieghi conosciuti di questo litotipo sono numerosi: elementi portanti (colonne, trapezofori), rivestimenti (cornici e lastre parietali; zoccolature, soglie, mattonelle e lastre pavimentali), elementi ornamentali (vasche; balaustre), piccola statuaria.
L'Africano era considerato una pietra di pregio piuttosto elevato: il suo costo nell'Editto di Diocleziano (301 d.C.) era pari a 150 denari per piede cubo.

L'Africano proviene dai dintorni della città  di Sigacik (l'antica Teos), nella provincia di Izmir (Smirne). Un altro litotipo estratto nella zona, a pochi chilometri di distanza dall'Africano, è una delle varietà  di Bigio antico [vedi campione 1183.D ]. L'area apparteneva anticamente alla regione della Ionia ed attualmente alla regione Egea (Turchia).
L'Africano veniva estratto da un gruppo di cave attualmente ricoperte per la massima parte da un piccolo lago.
Il litotipo veniva estratto da un gruppo di cave attualmente ricoperte per la massima parte da un piccolo lago.
Il campione 294.D (varietà  "Verde africanato"), appartenente alla Collezione Pescetto, proviene dalle Terme di Costantino.
Il campione 306.D (varietà  "Bigio africanato") della Collezione Pescetto proviene dalle Terme di Caracalla.