Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale

Cerca

Carcharodon megalodon (Squalo)

10cm
Nome scientifico Carcharodon megalodon (Squalo)
Classificazione Chondrichthyes
Numero inventario 6023
Collezione vertebrati
Provenienza Cursi, Lecce, Puglia
Cronologia Era Cenozoica - Pliocene (da circa 5.3 a 1.8 milioni di anni)
Ambiente di vita marino
scala dei tempi geologici

Esemplare di dente di Carcharodon dal tipico profilo triangolare proveniente dalle Cave di Cursi, com riporta il cartellino storico del '€œRegio Comitato'€.
Il reperto mostra un lieve danneggiamento nella parte di attacco alla mascella mentre il corpo del dente è integro e ben conservato, la punta non mostra nessun segno di consunzione e la tipica seghettatura laterale è in ottimo stato dei conservazione.

Il Carcharodon megalodon.
Il C. Megalodon è uno squalo estinto, noto per i grandi denti fossili e per le dimensioni enormi. Il nome specifico Megalodon significa appunto "grande dente". I fossili di Carcharodon megalodon si trovano in sedimenti del Miocene e del Pliocene (tra 23 e 1,8 milioni di anni fa). àˆ considerato il progenitore del più noto Squalo bianco (Carcharodon carcharias). Le dimensioni dei fossili ritrovati (per lo più denti lunghi fino a 17 cm, anche se pare siano stati ritrovati denti di 20 cm) fanno pensare ad un animale la cui lunghezza avrebbe potuto raggiungere 16 metri. Del suo passaggio nei nostri mari restano solo denti e vertebre fossilizzati perché la natura cartilaginea del suo scheletro non ne ha favorito la conservazione.
Denti e mascelle del C. megalodon
I denti del megalodon erano costituiti di tessuto osseo ricoperto di smalto duro e si sono fossilizzati molto bene. Le mascelle del megalodon potevano raggiungere un'apertura di 1,8 metri in larghezza e di 2,1 metri in altezza. Le mascelle erano strutturate in modo da non bloccare i legamenti e i muscoli del cranio e quindi da permettere il passaggio di oggetti enormi quali ad esempio le balene. Come avviene per la maggior parte degli squali, anche il megalodon aveva circa 3-5 file dei denti. I denti anteriori svolgevano la maggior parte del lavoro: le prime due file venivano usate per afferrare la preda e venivano poi sostituite dalle successive se usurate. I denti persi o rotti venivano sostituiti dai nuovi denti. Il megalodon poteva utilizzare centinaia dei denti contemporaneamente. Non masticava il suo cibo, ma lo inghiottiva in pezzi molto grandi.

I DENTI DI SQUALO

I denti, oggi comunemente detti di squalo, nel medioevo venivano chiamate glossopetre (dal gr. glà²ssa: lingua) o lingue di pietra a cui si attribuivano proprietà  magiche e taumaturgiche. Venivano chiamate in questo modo perché, a causa della forma, si ritenevano lingue di serpente pietrificate, finchè con i primi studi scientifici del 1500 si riconobbero le glossopetre per quello che erano realmente, ossia denti di squaliformi fossili.
I denti degli squali si sono evoluti dalla modificazione dei denticoli dermici (scaglie placoidi) che rivestono la pelle di questi pesci cartilaginei e, fondamentalmente, ne hanno mantenuta la struttura interna. In sezione, è possibile osservare che ogni dente è composto dalla polpa, più internamente, la quale è protetta dalla dentina, che a sua volta è ricoperta dalla vitrodentina; l'intera struttura poggia su di una base ossea. Il dente presenta una radice e una corona. I denti si possono considerare variazioni delle seguenti tre forme base:
a) denti triangolari, ampi, con i margini taglienti (affilati o seghettati), adatti per tagliare pezzi di prede grandi e resistenti, come balene, tartarughe marine e squali; ne sono un esempio i denti dello squalo tigre (Galeocerdo cuvier) e quelli dello squalo bianco (Carcharodon carcharias);
b) denti stretti, lunghi, appuntiti, ricurvi verso l'interno della bocca, adatti per afferrare rapide prede di dimensioni medio-piccole che vengono inghiottite intere; ne sono un esempio i denti dello squalo mako dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus), e dello squalo toro (Carcharias taurus);
c) denti appiattiti, disposti a formare una superficie piana resistente, adatta per spezzare le prede dotate di parti molto dure, come i crostacei e i molluschi bivalvi e gasteropodi; ne sono un esempio i denti dei palombi (genere Mustelus).