Uso del suolo e cambiamenti
I dati sull’uso del suolo, sulla copertura vegetale e sulla transizione tra le diverse categorie d’uso figurano tra le informazioni più frequentemente richieste per la formulazione delle strategie di gestione sostenibile del patrimonio paesistico-ambientale e per controllare e verificare l’efficacia delle politiche ambientali e l’integrazione delle istanze ambientali nelle politiche settoriali (agricoltura, industria, turismo, ecc.).
A questo riguardo, uno dei temi principali è la trasformazione da un uso ‘naturale’ (quali foreste e aree umide) ad un uso ‘semi-naturale’ (quali coltivi) o— cosa peggiore —‘artificiale’ (quali edilizia, industria, infrastrutture). Tali transizioni, oltre a determinare la perdita, nella maggior parte dei casi permanente e irreversibile, di suolo fertile, causano ulteriori impatti negativi, quali frammentazione del territorio, riduzione della biodiversità, alterazioni del ciclo idrogeologico e modificazioni microclimatiche. Inoltre la crescita e la diffusione delle aree urbane e delle relative infrastrutture determinano un aumento del fabbisogno di trasporto e del consumo di energia, con conseguente aumento dell’inquinamento acustico, delle emissioni di inquinanti atmosferici e di gas serra.
Un’ulteriore menzione va fatta alle trasformazioni del territorio non direttamente legate all’azione dell’uomo come la riduzione delle aree costiere vulnerabili e delle piane fluviali ad esse associate dovuta all’innalzamento del livello del mare (a sua volta conseguenza dei cambiamenti climatici in corso).
Anche se non sono stati definiti degli obiettivi vincolanti e non stati individuati standard specifici, in molti paesi si fa strada l’idea di ridurre a zero le trasformazioni per usi non “biosferici” del territorio, dal momento che lo spazio del pianeta non è una risorsa rinnovabile, né sostituibile. In questo senso, in diversi ambiti internazionali, quali UNDP, OCSE ed EPA, sono in fase di sviluppo target specifici e modalità di azione.
Già adesso, però, numerosi accordi ambientali multilaterali prevedono incentivi (non-legally binding) per una conservazione di un uso del suolo naturale.
A scala globale, l’United Nations Convention on Biological Diversity (UNCBD) e, a scala continentale, la Direttiva 79/409/CEE (meglio conosciuta come Direttiva Uccelli) e la Direttiva 92/43/CEE (Direttiva Habitat) chiedono ai paesi firmatari di salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, attraverso l’istituzione e la conservazione di una rete ecologica coerente di zone speciali di conservazione.
L’United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) e il conseguente Protocollo di Kyoto, nel definire le strategie di contenimento delle emissioni di gas ad effetto serra, riconoscono alla biosfera terrestre un ruolo fondamentale, individuando, inter alia, la conservazione degli ecosistemi vegetali e la creazione di nuove foreste quali opzioni importanti per combattere l’effetto serra. Concretamente, entrambi i documenti richiedono ai paesi aderenti di quantificare la ripartizione territoriale di sei diverse categorie d’uso del suolo (Foreste, Aree Umide, Pascoli, Coltivi, Urbano, Altro), sul tipo di gestione che presentano, sulla biomassa ad esse associata, sui rispettivi cambiamenti nel tempo. L’aspetto più rilevante in questo senso è legato al fatto che ai paesi è richiesto di riportare dati e informazioni non solo dei cambiamenti netti (aumento o riduzione dell’area di una categoria di uso del suolo), ma anche della direzione delle trasformazioni.
Relativamente alle foreste, i Principi Forestali, approvati nel corso dell’Earth Summit on Sustainable Development, invitano i paesi a mantenere o incrementare l’estensione della superficie forestale.
La Convenzione europea sul Paesaggio, siglata a Firenze nel 2000, riconosce che “la qualità e la diversità dei paesaggi europei costituiscono una risorsa comune per la cui salvaguardia, gestione e pianificazione occorre cooperare”; le azioni volte ad orientare e armonizzare le trasformazioni del territorio provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali costituiscono un valido mezzo per una gestione sostenibile della risorsa paesaggio.
Per dare un’idea dell’importanza del mantenimento dell’estensione delle superfici naturali e semi-naturali nell’ottica dello sviluppo sostenibile, è utile menzionare il fatto che l’indicatore land-use change fa parte di un core set di indicatori proposti dall’United Commission on Sustainable Development. E, più recentemente, l’Agenzia Europea dell’Ambiente, attraverso il progetto IRENA (Indicator Reporting on the Integration of Environmental Concerns into Agriculture Policy) ha segnalato il Land Use Change tra i 35 indicatori agro-ambientali per monitorare l’integrazione delle esigenze ambientali nella definizione della Politica Agricola Comune.
L’analisi delle trasformazioni d’uso del suolo e/o della copertura vegetazionale può avvenire a più livelli, dipendenti dalle informazioni a disposizione (diversa risoluzione spaziale, multitemporalità dell’acquisizione). I due principali approcci sono quello spazialmente esplicito (basato su mappe) e quello statistico (basato su informazioni puntuali). Il vantaggio del primo approccio è la possibilità di utilizzare i dati in ambiente GIS (Geographic Information System) dove tali dati possono essere confrontati con altre informazioni spaziali (mappe pedologiche, climatiche).
Limitatamente al territorio italiano, il Settore Uso Sostenibile delle Risorse Naturali del Servizio Parchi e Risorse Naturali dell’APAT ha avviato uno studio sulle transizioni nelle tipologie di uso del suolo e di copertura vegetazionale avvenute in Italia tra il 1990 e il 2000 utilizzando i database CORINE Land Cover dei rispettivi anni.
Avvalendosi di software GIS sono state prodotte matrici di transizione per ogni regione e per ogni livello della legenda CORINE. Ogni matrice presenta in diagonale la superficie di ogni tipologia che non ha subito variazione tra il 1990 e il 2000. In riga figurano le superfici che sono passate da una tipologia "i" nel 1990 ad una tipologia "j" nel 2000. In colonna le superfici che la tipologia "j" ha acquistato dalla tipologia "i". Le ultime due colonne illustrano la superficie totale nel 1990 e le perdite complessive per ogni tipologia, le ultime due righe mostrano la superficie totale nel 2000 e gli acquisti complessivi per ogni tipologia. Le matrici, per semplicità, riportano i codici usati da CORINE Land Cover per indicare le diverse tipologie di uso del suolo.
I passi successivi del lavoro saranno l’analisi delle trasformazioni avvenute al I e al II livello della legenda CORINE e l’individuazione dei cambiamenti interni ad ogni tipologia (frammentazione).