Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale

Cerca

Specie ed habitat protetti in ambienti idrotermali superficiali e profondi

Le campagne di ricerca condotte dall’ISPRA nell’ambito del Progetto per lo sviluppo delle tecniche di monitoraggio (2014-2015).

Le aree marine interessate da idrotermalismo superficiale e profondo sono ambienti estremi che sostengono forme di vita adattate a condizioni fisico-chimiche altamente instabili. Tuttavia, sono caratterizzate da un’elevata produttività primaria, sostenuta dalle alte concentrazioni di solfuri di ferro e zinco, che sono importanti substrati per la flora microbica, che a sua volta supporta una comunità la cui biodiversità e densità è strettamente legata al sistema idrotermale. A causa dell’elevata produttività, questi sistemi assumono un ruolo energetico importante su scala di bacino, influenzando la crescita, la diversità e la distribuzione di organismi autotrofi ed eterotrofi anche in aree relativamente distanti dai campi idrotermali in attività.

Nelle acque siciliane sono note diverse aree caratterizzate da fenomeni di idrotermalismo, fra queste una delle più studiate dal punto di vista geologico e microbiologico è quella delle Isole Eolie, considerate nel loro insieme un complesso ecosistema marino in cui la componente vulcanica ed il forte e diffuso fenomeno di idrotermalismo contribuiscono a caratterizzarne la biodiversità sino a definire forme di vita estremofile di grande valenza ecologica.

 

Le isole Eolie

Le isole Eolie, arcipelago di origine vulcanica situato a Nord della costa siciliana, sono il risultato di eventi vulcano-tettonici che hanno portato alla subduzione (scivolamento) della litosfera di tipo oceanico dello Ionio sotto quella continentale, determinando la produzione di magmi la cui risalita ha portato alla formazione di un arco insulare, a partire da circa 1 milione di anni fa. Inizialmente si sono formate le isole di Alicudi, Filicudi, Panarea e in parte Salina e Lipari, mentre secondariamente si sono formate Vulcano e Stromboli concludendosi anche la formazione di Salina e Lipari.

Stromboli, Lipari e Vulcano sono considerati edifici vulcanici attivi. In particolare, l’isola di Vulcano è considerata uno dei più attivi vulcani nel Mediterraneo, e oltre alle peculiari eruzioni esplosive, definite per l’appunto “vulcaniane”, è caratterizzata dalla presenza di campi di fumarole sottomarine a basse profondità che si estendono in direzione Nord-Sud, dalla Baia di Levante fino centro dell’istmo Vulcano-Vulcanello. I fluidi emessi dalle fumarole della Baia di Levante sono caratterizzati da basse temperature (max 100 °C) e concentrazioni di metano ed acido solfidrico tipiche delle emissioni idrotermali.

Negli edifici vulcanici non attivi, sono comunque riconoscibili attività vulcaniche essenzialmente sotto forma di attività idrotermale. Le più note e vistose riguardano i bassi fondali dell’isola di Panarea, soprattutto in prossimità dei vicini isolotti (es. Bottaro, Dattilo), disposti sul bordo della caldera sommersa che identifica l’originario edificio vulcanico collassato. La parte emergente di questo grande strato-vulcano sottomarino quiescente è caratterizzata da un esteso campo fumarolico, sede di continui eventi di emissione di gas magmatici come quelli verificatisi nel Novembre 2002.

A nord-est di Panarea, l’isolotto di Basiluzzo costituisce, insieme agli scogli vicini, ciò che resta di antiche bocche eruttive appartenenti all’apparato di Panarea, ormai erose dagli agenti atmosferici e da fenomeni di bradisismo. L’intera area è caratterizzata dalla presenza di strutture tettoniche attive quali fosse e faglie, sui cui margini si registrano emissioni gassose. Le emissioni gassose calde (300°C) e acide causano la deposizione di solfuri, a cui si associa la precipitazione di composti ferrosi causata da attività idrotermale a basse temperature. Tali composti arricchiscono i sedimenti dei fondali del campo idrotermale a livello di piattaforma continentale, mentre lungo la scarpata sono evidenti sia camini inattivi associati alla deposizione di minerali determinata dalle alte temperature che camini attivi.

 

Le campagne di ricerca sul sistema idrotermale eoliano condotte dall’ISPRA

Allo scopo di sviluppare adeguate tecniche di monitoraggio e studio di tali ambienti sono state attivate collaborazioni con altri istituti di ricerca, l’ISMAR di Bologna ed Ancona, l’IAMC di Messina, l’INGV e l’OGS di Trieste e con le Università di Genova, Messina e delle Marche, al fine di costituire un’ equipe di esperti. Per caratterizzare l’area dal punto di vista batimetrico, misurare parametri fisico-chimici e valutare la biodiversità interspecifica ed ecosistemica associata a tali ambienti (figura 1), sono state condotte 4 campagne oceanografiche (maggio/luglio 2014, giugno/luglio 2015)

Figura 1: Aree indagate

 

Lo studio è stato effettuato attraverso l’utilizzo di diverse strumentazioni e metodi di campionamento  e ha previsto:

  • rilevamento con Multibeam, per la caratterizzazione batimetrica dei fondali e per l’individuazione di campi di emissione geotermale da investigare.
  • utilizzo di sonde multi-parametriche, per la caratterizzazione fisico-chimica della colonna d’acqua e del sedimento.
  • utilizzo di camere bentiche automatiche, per la caratterizzazione fisico-chimica dell’interfaccia acqua-sedimento.
  • prelievo di campioni di sedimenti  con carotatore, box-corer e benna Van Veen, per la caratterizzazione sedimentologica e la valutazione della biodiversità delle comunità bentoniche, ivi incluso quelle batteriche.
  • visual census con ROV (Remotely Operated underwater Vehicle) equipaggiato con camera digitale e video camera ad alta definizione e braccio operativo, per il censimento visuale della fauna ittica e macrobentonica e il prelievo di aggregati di origine biologica e geologica.
  • rilievi magnetometrici per localizzare sedimenti e rocce alterate da attività idrotermale.
  • prove di censimenti visivi con BRUV (Baited Remote Underwater Video): a differenza del ROV il BRUV è un sistema utilizzato per effettuare censimenti visivi non invasivi. Un’esca posizionata nel campo visivo della telecamera attira le specie presenti nei pressi, consentendo lo studio delle comunità in termini di diversità, abbondanza e del comportamento.

Nel corso delle suddette campagne gli strumenti utilizzati sono stati scelti in funzione degli obiettivi da raggiungere, tenuto conto che per alcune aree si trattava di prime esplorazioni (es. Salina, Stromboli) mentre per altre (es. Panarea) si trattava di approfondimenti di tecniche di indagine e implementazione di dati.

 

Figura 2

 

Nelle campagne svolte a Panarea, è stata data priorità agli aspetti strettamente legati alla biodiversità di specie ed habitat, pertanto sono state privilegiate le attività ispettive con ROV. Le analisi dei filmati ROV  hanno consentito l’identificazione di 14 habitat, di cui 4 protetti, e 144 specie animali e vegetali, di cui 11 protette in varia misura da accordi e normative internazionali.

L’area maggiormente esplorata si colloca nella piattaforma e nella scarpata insulare del sistema Panarea-Basiluzzo e mostra un ampio gradiente batimetrico caratterizzato da fasce molto differenti dal punto di vista fisico e biologico. Le fasce meno profonde (15-50 m) sono caratterizzate da evidenze di attività idrotermale testimoniate dalla presenza di emissioni e di fumarole che determinano un elevato rilascio di carbonio inorganico disciolto e di Fe, Mn, Zn, come confermato dalla composizione mineralogica e geochimica dei campioni analizzati nel corso dei due anni di attività. A queste emissioni si ritrovano spesso associati mat e depositi flocculanti di batteri solfo-ossidanti, la cui presenza è stata confermata dalle analisi al SEM e dalle analisi delle comunità microbiche. Dal punto di vista biologico questi sistemi sembrano supportare habitat di importanza prioritaria, quali praterie di Posidonia oceanica e facies ad Eunicella singularis (Figura 3), tipica biocenosi del coralligeno meno profondo.

 

Figura 3: facies ad Eunicella singularis

 

La fascia compresa tra i 70 e i 100 m appare quella più eterogenea dal punto di vista degli habitat. La zona investigata più a sud rispetto allo scoglio di Basiluzzo risulta dominata da fondi mobili, prodotto di deposizioni successive di fluidi idrotermali provenienti dalle bocche effusive ancora in evidente attività. Tali substrati sono caratterizzati da popolamenti a tubicoli molto estesi e compatti, costituiti per lo più dall’anfipode Ampelisca ledoyeri, e dalla presenza di pascolatori (Centrostephanus longispinus) e sospensivori (Diazona violacea). Inoltre, si osservano numerosi camini idrotermali a struttura cilindrica o piramidale che si elevano per 3 o 4 metri e presentano bocche effusive dalle quali si osserva la fuoriuscita di gas e di fluidi, con presenza di depositi di zolfo e di minerali di ferro. La fauna associata è composta soprattutto da alghe fotofile, briozoi e idrozoi; le spugne e le gorgonie comuni a queste profondità sono assenti. Nelle stazioni più settentrionali, non si evidenziano emissioni attive, ma i substrati sono costituiti da croste originate dalla deposizione di ossidi di ferro provenienti dai fluidi idrotermali, cui si ritrovano tipicamente associati popolamenti di A. ledoyeri in forma di ampie e dense patches. I substrati duri emergenti dal sedimento sono intensamente colonizzati da banchi di molluschi bivalvi ostreomorfi, della specie Neopycnodonte cochlear. A profondità maggiori, tali banchi costituiscono delle strutture elevate, cave all’interno e ampiamente perforate, riccamente colonizzate da altra megafauna sessile, ma anche da numerose specie sia sedentarie sia vagili, fra cui anche diverse specie ittiche. Nelle aree limitrofe, in cui non si evidenziano testimonianze di attività idrotermale, si osservano popolamenti tipici del coralligeno (facies a Paramuricea clavata) disposti lungo pareti verticali.

A partire dai 110 m di profondità, l’inclinazione del fondo aumenta sensibilmente, non si osservano fenomeni di emissione e l’attività idrotermale è testimoniata dalla presenza di mat batteriche associate a zolfo colloidale in forma di depositi, che danno a volte origine a colate estese e ramificate e a volte si presentano sotto forma di flocculi. I substrati duri primari e secondari, scarsamente epifaunati, che emergono dal substrato offrono rifugio ad esemplari di Palinurus elephas (Figura 4) e Ophidiaster ophidianus.

Scendendo alla profondità di 150 m, si osservano alcune strutture di evidente origine idrotermale, camini relitti o collassati, che localmente costituiscono dei veri e propri campi, ove la fauna bentonica è scarsamente rappresentata.

 

Figura 4: Palinurus elephas

 

Le profondità maggiori (180-210 m) sono caratterizzate dalla presenza di ampi campi di camini attivi di altezza variabile compresa tra 40 e 80 cm (Figura 5). Si tratta di strutture estremamente fragili, costituite da una sottile crosta rosso-nerastra ricca in manganese, ossidi di ferro e altri metalli e caratterizzate dalla presenza di depositi di zolfo sulla cima del cratere e colonizzati da specie rare quali il foraminifero gigante Spiculosiphon sp. e la spugna carnivora Asbestopluma hypogea. La componente faunistica diviene sempre meno appariscente, anche se i substrati duri possono ospitare isolate colonie di Dendrophyllia cornigera o gorgonacei come Antipathella subpinnata e Antipathes dichotoma.

I fondi mobili sono nel loro complesso poveri di specie megabentiche, fra cui prevalgono organismi vagili opportunisti come i cidaridi, sopratutto Stylocidaris affinis. Alle maggiori profondità si incontrano inoltre specie sessili semi-infaunali come Funiculina quadrangularis e Virgularia mirabilis.

Figura 5: Esempio di camino

 

Per l’area di Salina sono state effettuate esplorazioni con multibeam che hanno consentito di fare una prima ipotesi di presenza di emissione idrotermale, confermata da esplorazione mirata con ROV e successiva acquisizione di dati chimico-fisici con camera bentica e sonda per pCO2. Questa preliminare indagine dovrà pertanto essere approfondita in campagne future per acquisire i dati sulla biodiversità associata. E’ stata inoltre esplorata con multibeam una vasta area intorno all’isola di Stromboli, scelto quale sito per monitorare effetti legati a fenomeni vulcanici di differente origine che possono influenzare le comunità viventi.

 

Idrotermalismo dei Banchi

Testimonianze di attività idrotermale sono state riscontrate durante il monitoraggio del Banco di Graham nell’ambito delle campagne condotte per l’attività relativa ai banchi del canale di Sicilia (Fig. 6). Le immagini ROV hanno evidenziato la presenza di emissioni di gas, già osservati in passato da INGV, e aree  ricche di mineralizzazioni, di mat batteriche e di strutture assimilabili a camini idrotermali che hanno mostrano una composizione chimica simile a quella osservata per i camini dell’area Eoliana. Dal punto di vista biologico, sono stati osservati campi a tubicoli, probabilmente policheti, che possono essere ricondotti a popolamenti dei sistemi idrotermali.

 

Fig. 6 Elaborazione multibeam di un area in prossimità dell’isola di Pantelleria

 

Gli habitat e le specie protette


Tabella 1: elenco habitat protetti identificati nelle aree studiate

 

Tabella 2: elenco delle specie protette identificate nelle aree studiate

Le mappe sottostanti riportano le foto delle specie che caratterizzano gli ambienti idrotermali superficiali (Fig. 7) e profondi (Fig. 8) e le specie protette (Fig. 9) associate al sistema idrotermale di alcune aree di studio, con relativa localizzazione rispetto ai tracciati ROV effettuati nelle quattro campagne oceanografiche.

 

Figura 7

 

Figura 8

 

Figura 9