Il Progetto Sinkhole - Risultati raggiunti
Nelle pianure italiane sono frequenti i fenomeni di
sprofondamento naturale, qualche volta strettamente connessi ai
processi carsici (quando lo spessore della copertura terrigena
è contenuto in pochi metri) altre volte correlati ad altre,
più complesse, cause.
In quest’ultimo caso è presente una potente copertura
di terreni sedimentari semi-permeabili al tetto del bedrock.
Sono stati censiti dall'ISPRA su tutto il territorio nazionale
più di 1800 casi di fenomeni di sprofondamento naturale in
aree di pianura ed effettuate indagini su alcune centinaia di
fenomeni.
Queste voragini possono essere connesse a fenomeni di
liquefazione, soffusione profonda (deep piping), a
oscillazioni della tavola d’acqua dovute a diverse cause
(deep piping sinkhole o sinkhole in senso
stretto).
Gli spessori dei sedimenti di copertura, per lo più
costituiti da alluvioni miste con alternanze di intervalli a
differente granulometria sono generalmente prossimi ai cento metri,
a volte superano ampiamente tali valori. I fenomeni censiti si
concentrano in differenti scenari di aree pianeggianti: conche
intramontane, in valli alluvionali e in pianure costiere;
subordinatamente alcuni fenomeni sono stati rinvenuti su fasce
pedemontane di raccordo con aree di pianura e in piccole
depressioni intracollinari.
È stata ipotizzata la connessione di molti dei fenomeni
censiti con meccanismi di risalita di fluidi aggressivi e con falde
in pressione nel sottosuolo.
Nella maggior parte dei casi si assiste, infatti, al processo di
drowning (allagamento delle cavità) con formazione
di sorgenti al fondo e risalite di fluidi mineralizzati. Il
chimismo delle acque è risultato in prevalenza di tipo
bicarbonato-calcico.
La distribuzione dei fenomeni più peculiari su aree vaste ha
permesso poi di riconoscere allineamenti di sinkholes e di aree a
rischio su segmenti di faglie a differente orientazione e su
lineamenti tettonici di importanza regionale (la linea
Ortona-Roccamonfina, la faglia dell’Aterno, la faglia
bordiera dei Lepini, la linea Fiamignano-Micciani e il suo
prolungamento fino alla piana del Fucino, la linea
Ancona–Anzio). Per quanto riguarda invece le cause
innescanti, per una buona percentuale di casi, è stato
riscontrata una stretta correlazione tra evento sismico e innesco
del fenomeno, la risposta del terreno alle sollecitazioni è
avvenuta nell’arco delle 24 ore, ma buone percentuali
mostrano che lo sprofondamento può avvenire anche una decina
di giorni dopo il terremoto. In minore percentuale dei casi si
è riscontrata una correlazione con alternanze di periodi
secchi e piovosi.
I fenomeni analizzati sono stati poi raggruppati in aree
suscettibili distribuite su tutto il territorio, in ciascuna area
sono presenti forme attive (con diametri e profondità molto
variabili e ricolmate).
Tali fenomeni sono più diffusi di quanto originariamente si
pensasse, si verificano sul nostro territorio da tempi storici,
quando le cause e i meccanismi genetici di innesco erano ancora
sconosciuti. Le fonti storiche ci confermano che gli sprofondamenti
catastrofici erano già noti in epoca romana, e con frequenza
centennale hanno interessato le medesime aree, laddove i primi
fenomeni erano stati obliterati artificialmente o
naturalmente.
I casi naturali censiti e studiati dall’ISPRA nelle aree di
pianura sono stati di seguito classificati utilizzando le
classificazioni in uso in Italia.
Non tutti i casi indagati sono risultati, a sopralluoghi
effettuati, sinkhole in senso stretto, una parte dei fenomeni
censiti sono risultati sprofondamenti antropici, fenomeni vulcani,
di evorsione e suffosione per rotta arginale o puramente
carsici.
I risultati ottenuti negli ultimi anni di ricerche permettono di
affermare che le aree suscettibili si concentrano sul medio
versante tirrenico e in particolare nel Lazio, Abruzzo, Campania e
Toscana. Il versante adriatico, a causa del proprio assetto
geologico-strutturale, non è interessato da questo tipo di
sinkholes, così come l’arco Alpino e le
Dolomiti.
In Italia settentrionale (territorio ancora non interessato dai
sopralluoghi e dove è in corso il censimento) le condizioni
sono differenti. Nelle pianure del Veneto e in Emilia Romagna,
soprattutto in Pianura Padana alla confluenza del Po con
l’Adige, sono presenti numerosi piccoli laghi di forma
sub-circolare la cui formazione è imputabile a processi di
evorsione (fenomeni erosivi legati a turbolenze ad asse verticale)
a carico di corpi sedimentari caratterizzati da discreti spessori
di materiali sabbiosi e/o a processi di liquefazione e
suffosione.
Nelle pianure del Veneto ed in Emilia-Romagna, soprattutto in
Pianura Padana alla confluenza del Po con l’Adige, sono
presenti numerosi laghetti di forma sub-circolare la cui formazione
è imputabile a processi di evorsione (fenomeni erosivi
legati a turbolenze ad asse verticale) a carico di corpi
sedimentari caratterizzati da discreti spessori di materiali
sabbiosi e/o a processi di sifonamento e suffosione.
Nelle pianure e conche interne del Veneto, del Friuli Venezia
Giulia, della provincia autonoma di Bolzano i fenomeni di
sprofondamento sono strettamente controllati dalla dissoluzione di
litotipi evaporitici e carbonatici che si rinvengono al di sotto di
una copertura generalmente di modesto spessore, riconducibili
pertanto a tipologie di cover-collapse sinkhole. I fenomeni
segnalati in Calabria, invece, sono riconducibili a piccole
cavità, oggi ricolmate, di difficile ubicazione, originatesi
nella totalità dei casi durante eventi sismici e connesse a
fenomeni di liquefazione dei terreni.
Il contesto geologico appare sostanzialmente differente in Sicilia
e in Puglia, in cui i casi di sprofondamento sono condizionati
dalla presenza di terreni evaporitici (gesso e sale) o calcarei e
da coperture argillose o sabbiose di spessore più
modesto.
Caratteristica comune è l’origine tettonica delle aree
indagate, con controllo strutturale da parte di faglie ad andamento
prevalentemente appenninico e subordinatamente meridiano.
Ciò permette di ipotizzare la connessione di questi fenomeni
con meccanismi di risalita profondi, e con strutture sismogenetiche
attive.
In una buona percentuale di casi è stato riscontrata una
stretta correlazione tra evento sismico ed innesco del fenomeno
(136 casi), la risposta del terreno alle sollecitazioni è
avvenuta nell’arco delle 24 ore ma buone percentuali mostrano
che lo sprofondamento può avvenire anche una decina di
giorni dopo il terremoto (sino a più di mese dopo il sisma).
In minore percentuale dei casi si è riscontrata una
correlazione con alternanze di periodi secchi e piovosi.