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Seconda riunione dell'Open-Ended Working Group per lo sviluppo del quadro globale sulla biodiversità (Global Biodiversity Framework) per il periodo post-2020 nell'ambito della Convenzione ONU per la conservazione della biodiversità

È in corso di svolgimento a Roma, nella sede della FAO (l’Agenzia ONU per la fame e l’alimentazione), il summit mondiale per giungere a un accordo storico per arrestare e invertire il  declino della Natura e della Biodiversità

 

Nel 2010, la decima sessione della Conferenza delle Parti (Conference of the Parties - COP), ossia il summit dei Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione per la Diversità Biologica (Convention on Biological Diversity - CBD[1]), ha approvato il Piano strategico mondiale per la biodiversità (Global Strategic Plan) per il periodo 2011-2020. Il Piano, che conclude il suo mandato alla fine del 2020, prevede 20 obiettivi, articolati in 56 indicatori, nel complesso noti come Aichi Biodiversity Targets (https://www.cbd.int/sp/targets/). Il Piano e i relativi Aichi Biodiversity Targets hanno costituito in questo decennio il quadro di riferimento per la definizione di traguardi nazionali, regionali e globali per promuovere e adottare misure urgenti ed efficaci per arrestare la perdita di biodiversità e garantire ecosistemi resilienti entro il 2020.

Purtroppo, come dimostrano la quarta edizione del Global Biodiversity Outlook dell’ONU e una lunga serie di studi indipendenti, gran parte degli sforzi internazionali per raggiungere i target di Aichi per la biodiversità stanno fallendo miseramente. Dei 56 indicatori, solo 5 stanno avendo successo per raggiungere gli obiettivi prefissati per il 2020; 33 segnalano qualche progresso, ma con una progressione insoddisfacente per raggiungere l’obiettivo previsto, 10 non mostrano alcun progresso, mentre 5 evidenziano addirittura un peggioramento e 3 non sono stati nemmeno valutati. Fortunatamente è probabile il raggiungimento dell’obiettivo 11 di Aichi, che prevede il 17% di aree protette rispetto alla superficie terrestre totale, entro la fine dell’anno. Indubbiamente è un risultato importante, considerato il diffuso riconoscimento del ruolo chiave che le aree protette, se adeguatamente gestite, svolgono nella conservazione della biodiversità. Nel maggio 2019, l'Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), la massima autorità scientifica sulla biodiversità, ha ricordato che la natura viene distrutta a un ritmo da cento a mille volte più veloce della media degli ultimi 10 milioni di anni, sostanzialmente a causa dell'attività umana. La distruzione delle barriere coralline, delle foreste pluviali, delle mangrovie e di altri ecosistemi vitali per il pianeta stanno mettendo a rischio la società umana. Gli autori del rapporto hanno lanciato caveat sul rischio che—a meno che di una trasformazione radicale dei nostri modi di estrarre risorse naturali e di usare il territorio e di una integrazione del valore della Natura nelle politiche settoriali (agricoltura e turismo in primis)—si può arrivare a conseguenze estreme ed "inquietanti", come la carenza di acqua potabile per soddisfare le esigenze dell’umanità e l'instabilità climatica. Ora, questa perdita di biodiversità minaccia la capacità degli ecosistemi planetari di fornire i servizi da cui l’umanità dipende.

Nel 2017, i delegati dell'organismo sussidiario di consulenza scientifica, tecnica e tecnologica (SBSTTA) della CBD adottarono un documento con una serie di raccomandazioni che hanno posto le basi per stimolare i Paesi verso il raggiungimento degli obiettivi Aichi e preparare un nuovo quadro globale sulla biodiversità (Global Biodiversity Framework, GBF) per il post-2020.

In questo documento viene affermato che tra i possibili scenari futuri quello che porta alla conservazione della biodiversità e alla costruzione d'un futuro in cui sarà possibile "vivere in armonia con la natura" è ancora raggiungibile, a patto che si mettano in campo le più avanzate e solide acquisizioni scientifiche, le più efficaci tecnologie disponibili, per sfruttare le possibilità offerte da quel cambiamento “trasformazionale” (che include un mutamento del comportamento di produttori e consumatori, governi e imprese), necessario per evitare conseguenze pericolose per la sicurezza alimentare e la prosperità delle società.

Il documento del SBSSTA sottolinea la necessità di un approccio coerente su biodiversità e cambiamenti climatici, per garantire che gli impatti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità siano limitati, che la biodiversità e gli ecosistemi possano contribuire a soluzioni per l'adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici e che le misure di mitigazione e adattamento non influiscano negativamente sulla biodiversità stessa. Inoltre, il testo afferma che la selvaggina rappresenta un'importante fonte di nutrimento per milioni di persone in molte regioni del mondo, ma questo servizio che la natura offre è minacciato dallo sfruttamento non sostenibile della risorsa, aggravato dalla crescita delle popolazioni umane e dall'emergere di un fiorente commercio di selvaggina.

Nel 2018, la COP14 ha avviato formalmente il processo di approvazione del GBF per il post-2020. In quell’occasione i Paesi hanno approvato gli elementi e i principi specifici per sviluppare un processo globale e partecipativo che dovrà portare all’approvazione del GBF per il post-2020 in occasione della COP15, che si svolgerà a Kunming in Cina (https://www.cbd.int/conferences/2020), nella seconda metà di ottobre 2020, un mese prima di un’altro evento cruciale per l’ambiente globale, è la COP sul clima di Glasgow.

Nelle intenzioni della CBD, la costruzione del GBF doveva coinvolgere tutte le parti interessate (popoli indigeni e comunità locali, società civile e imprese), in un processo consultivo, inclusivo e trasparente, condotto dal Segretariato della CBD, al fine di:

  • sviluppare una strategia post-2020 ambiziosa, in linea con la Visione 2050 della Convenzione ”Vivere in Armonia con la Natura”[2], giuridicamente vincolante in termini di reporting, review e means of implementation;
  • contribuire al tempo stesso al raggiungimento dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU;
  • sostenere la convenzionie di Rio e gli altri trattati e accordi internazionali che hanno un nesso con la biodiversità, incluso l'Accordo di Parigi approvato nell'ambito della Convenzione ONU sui Cambiamenti Climatici e il Sendai Framework per la riduzione dei rischi legati ai disastri naturali.

Il nuovo quadro globale per la conservazione della biodiversità intende puntare, riproponendo lo stile dell’Accordo di Parigi sul clima, su una serie ristretta di obiettivi e target, che siano SMART, acronimo per specific, measurable, ambitious, realistic e time-bound, che siano cioè espliciti, misurabili, ambiziosi, realistici e circoscritti nel tempo. Nella definizione degli Obiettivi generali si vuole cercare di indirizzare le politiche dei governi su quei fattori che agiscono direttamente sul declino della biodiversità e della Natura: distruzione e degradazione degli habitat, sovra-sfruttamento delle risorse, inquinamento, cambiamenti climatici, diffusione di specie aliene invasive.  Secondo molti analisti il mancato raggiungimento di gran parte degli obiettivi è dovuto in parte al fatto che gli obiettivi stessi erano generici e vaghi, difficili da attuare e dei quali è difficile o impossibile misurare i progressi.

In questo percorso di avvicinamento alla COP15 di Kunming[3], una tappa importante è quella che passa in questi giorni per Roma, dove, presso la sede della FAO, dal 24 al 29 febbraio 2020 è in programma la seconda delle tre riunioni dell'Open-Ended Working Group per lo sviluppo del GBF per il post-2020.[4]

Nella riunione di Roma, viene analizzato, discusso ed emendato lo zero draft del GBF per il post-2020.

La bozza zero, disponibile al sito , è stata prodotta dal Segretariato della CBD a seguito della discussione e del contributo delle Parti avvenute nel corso della prima riunione dell'Open-Ended Working Group, svoltasi a fine agosto a Nairobi.

La bozza zero dell’accordo conta cinque Obiettivi principali da raggiungere entro il 2050, ad ognuno dei quali corrispondono dei traguardi concreti da raggiungere.

Il Framework ha 5 obiettivi di lungo termine per il 2050 relativi alla Vision 2050 per la biodiversità. Ognuno di questi obiettivi ha un risultato associato per il 2030.

Essi sono:

a) nessuna perdita netta (bilancio netto positivo tra ecosistemi acquisiti e persi) entro il 2030 per estensione e integrità degli ecosistemi di acqua dolce, marina e terrestre e aumenti di almeno il 20% entro il 2050, garantendo la resilienza degli ecosistemi;

b) la percentuale di specie minacciate di estinzione è ridotta del [X%] [5] e l'abbondanza delle specie è aumentata in media del [X%] entro il 2030 e del [X%] entro il 2050;

c) la diversità genetica è mantenuta o potenziata in media entro il 2030 e per il [90%] delle specie entro il 2050;

d) la natura offre benefici alle persone contribuendo a:

  • un miglioramento della nutrizione per almeno [X milioni] di persone entro il 2030 e [Y milioni] entro il 2050;
  • un miglioramento nell'accesso sostenibile all'acqua potabile e sicura per almeno [X milioni] di persone, entro il 2030 e [Y milioni] entro il 2050;
  • Miglioramento della resilienza alle catastrofi naturali per almeno [X milioni] di persone entro il 2030 e [Y milioni] entro il 2050;
  • Al raggiungimento di almeno il [30%] degli impegni di mitigazione per raggiungere gli obiettivi dell'accordo di Parigi nel 2030 e nel 2050.

e)    I benefici, condivisi equamente e giustamente, derivanti dall'uso delle risorse genetiche e dalle conoscenze tradizionali associate siano aumentati di [X] entro il 2030 e abbiano raggiunto [X] entro il 2050.

La bozza del GBF ha definito la struttura dei target per il 2030, 20 in totale (action-oriented targets), che servirà a raggiungere i goal per il 2030 e il 2050.  Questi 20 target sono raggruppati nelle seguenti quattro categorie:

(a) "riduzione delle minacce" (reducing threats to biodiversity), dove per minacce si intendono quelle indicate dall’IPBES: distruzione e degradazione degli habitat, inquinamento, sovra-sfruttamento delle risorse naturali, diffusione di specie aliene invasive, cambiamenti climatici (6 target)

(b) "uso sostenibile e condivisione dei benefici" (Meeting peoples needs through sustainable use and benefit-sharing) (5 target)

(c) "strumenti" (Tools and solutions for implementation and mainstreaming) (9 target)

In sintesi, gli obiettivi principali dell’accordo su cui si concentra il negoziato sono

  • protezione di un terzo degli oceani e degli ecosistemi terrestri del pianeta entro il 2030 (adesso siamo al 17%);
  • una riduzione significativa (quanto significativa è da negoziare tra le parti) del numero di specie a rischio di estinzione (attualmente sono circa 1 milione) e un aumento delle popolazioni delle specie native sopra i livelli che ne garantiscano sicurezza.
  • un controllo sulle specie invasive, riducendo del 50% il tasso di nuove introduzioni e eradicando o controllando le specie aliene invasive fino ad eliminarle o ridurle entro il 2030 di almeno il 50% dai siti prioritari per la natura;
  • contenimento dell'inquinamento da rifiuti di plastica  e dei fertilizzanti nei suoli (azoto e fosforo) in eccesso del 50%;
  • realizzazione di interventi e progetti Nature-based Solutions (NbS), vale a dire di nuove foreste, restauro di ecosistemi degradati, ecc., in grado sequestrare carbonio e contribuire per il 30% (o 100 miliardi di tonnellate di CO2 al 2030) agli impegni di mitigazione necessari per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi;
  • entro il 2030 il commercio di specie selvatiche deve essere totalmente legale e sostenibile promuovendo la partecipazione piena ed efficace delle popolazioni indigene e delle comunità locali ai processi decisionali sulla biodiversità.

Il testo negoziale è stato accolto con un certo favore da gran parte dei Paesi, ritenendolo un buon punto di partenza per un accordo realistico, ma ambizioso. La bozza in discussione a Roma dimostra che gran parte dei governi sono più attenti al monito della scienza e riconoscono il ruolo sempre più importante che la protezione della biosfera, dell’idrosfera e della geosfera deve svolgere per affrontare il cambiamento climatico, prevenire le estinzioni della fauna selvatica e sostenere le comunità locali e mondiali.

 


[1] La Convenzione per la Diversità Biologica è un trattato internazionale, entrato in vigore nel dicembre 1993 e al momento ratificato da 196 paesi firmatari.

[2] L’obiettivo è vivere in armonia con la natura in modo che, entro il 2050, la biodiversità̀ sia valorizzata, conservata, ripristinata e usata con saggezza, mantenendo i servizi ecosistemici, sostenendo un pianeta sano e conseguendo vantaggi essenziali per tutte le persone.

[3] Informazioni sul processo preparatorio e sui suoi vari elementi sono disponibili e periodicamente aggiornati al link https://www.cbd.int/post2020.

[4] L’incontro era inizialmente previsto in Cina, nella città di Kunming, ma dopo lo scoppio del coronavirus a dicembre, è stato spostato a Roma, nella sede della Fao.

[5] I valori in parentesi quadra sono tutt’ora in fase di negoziazione