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Caratterizzazione delle sorgenti di inquinamento delle acque di balneazione

L’individuazione delle sorgenti di inquinamento che rappresentano una potenziale pressione sulla qualità delle acque di balneazione richiede l’individuazione delle aree di cui l’acqua di balneazione rappresenta il mezzo recettore. In tale ambito, è possibile riconoscere l’intero bacino idrografico (sotteso alla sezione rappresentata dalle foci fluviali) quale potenziale fonte di inquinamento delle acque di balneazione. Ne consegue che, in funzione dell’utilizzo del suolo nel bacino idrografico (attività agricole, industriali e presenza di aree urbanizzate), le sorgenti di inquinamento possono essere di diversa tipologia e intensità. A queste sorgenti si aggiungono quelle che insistono direttamente sulle acque di balneazione poiché localizzate proprio nelle aree costiere (es. scarichi in mare delle reti di smaltimento delle acque urbane) o perché relative a infrastrutture localizzate in prossimità delle acque di balneazione (es. centrali elettriche o bacini portuali).

A meno delle sorgenti prossime alle zone costiere, la qualità delle acque di balneazione può essere strettamente legata a quella delle acque del reticolo idrografico.

Già la Direttiva 76/160 (art. 6) prevedeva di ripetere periodicamente indagini locali delle condizioni prevalenti a monte, per le acque dolci correnti, e delle condizioni dell’ambiente circostante, per le acque dolci stagnanti e per l’acqua di mare, allo scopo di determinare il profilo geografico e topografico, nonché il volume e la natura di tutti gli scarichi inquinanti e potenzialmente inquinanti e gli effetti che hanno in funzione della loro distanza dalla zona di balneazione. Tali indagini erano considerate preliminari ad eventuali campionamenti supplementari qualora fosse rilevata o sospettata la presenza di scarichi, potenziale causa di riduzione della qualità delle acque di balneazione. I piani di risanamento delle acque, introdotti con il D.Lgs 152/99 rispondono all’obiettivo prioritario di risanare gli ecosistemi acquatici attraverso una gestione della risorsa acqua che promuove la prevenzione e la riduzione dei fattori di impatto e impoverimento degli ambienti acquatici. Il concetto di prevenzione dei rischi è alla base anche della più recente Direttiva Balneazione 2006/7/CE.

Il problema di impatto maggiore per i corsi d’acqua spesso non risiede solo nelle fonti di inquinamento di tipo puntuale (scarichi civili ed industriali), generalmente facilmente individuabili e controllabili, ma anche nell’inquinamento di tipo diffuso. In alcune aree agricole, ad esempio, l’uso di fertilizzanti e pesticidi provoca un inquinamento delle acque dovuto al dilavamento (run-off) ed ai meccanismi di lisciviazione (leaching). Si può verificare, quindi, una diffusione della carica batterica dal territorio circostante al corso d’acqua attraverso fenomeni di deflusso superficiale, sub-superficiale e profondo.

In linea generale, si intende per inquinamento puntuale quello che può essere correlato ad un’area ben identificabile (o definibile) essendo definita la sua origine. Le sorgenti di tipo diffuso sono invece relative ad un inquinamento indiretto e può provenire da fonti diverse. Tale definizione trova diretto riscontro anche nel D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) che pone l’attenzione sui “corpi idrici in cui sono ubicati scarichi contenenti sostanze dell'elenco di priorità o soggetti a fonti diffuse e perdite derivanti da attività agricola intensiva, siti contaminati da bonificare, discariche e depositi di rifiuti.” (Art. 78). Tale classificazione torna ad essere citata nel Codice dell’Ambiente in merito ai contenuti dei Piani di gestione dei bacini idrografici che devono contenere le “stime sull'inquinamento da fonti puntuali, stime sull'inquinamento da fonti diffuse, con sintesi delle utilizzazioni del suolo”. È evidente come venga riconosciuta la correlazione tra entità dell’inquinamento e l’uso del suolo.

Se da una parte è semplice discriminare le sorgenti diffuse da quelle puntuali osservandone le caratteristiche geometriche e fisiche, dall’altra parte non è possibile effettuare una suddivisione e classificazione così netta quando si traspone la discussione all’identificazione delle sorgenti che influenzano la qualità delle acque di balneazione.

A titolo di esempio, il processo di dilavamento delle superfici (sia in area urbana, sia in area rurale) è da inquadrarsi nell’ambito delle sorgenti diffuse. Tuttavia, il mezzo recettore (ad esempio un fiume) convoglia il contributo inquinante alla sua sezione terminale (la foce) trasformando quella sorgente diffusa in una sorgente puntuale (o comunque di estensione notevolmente ridotta). D’altra parte, se si prende in considerazione un’area urbana (ovvero rurale) posta in diretta corrispondenza dell’acqua di balneazione, la sorgente diffusa continua ad essere tale poiché non interviene il ruolo “idraulico” di convogliamento a valle del sistema di smaltimento delle acque (ovvero del reticolo idrografico).

È importante sottolineare la difficoltà nel classificare e discretizzare in maniera univoca una sorgente come “diffusa” o “puntuale”. Per tali finalità studi di letteratura incoraggiamo l’utilizzo di modelli di uso del suolo che permettono di valutare e stimare i carichi di inquinamento derivanti da molteplici fattori (es. condizioni economiche, sociali, climatiche e idrologiche) che variano sia spazialmente che temporalmente a partire da dati in ingresso (es. geologici, idrologici e sulla qualità dell'acqua) provenienti da monitoraggi e modelli matematici.

Le sinergie tra diverse tipologie di strumenti modellistici per lo studio della componente idrologica-idraulica e della componente marino-costiera, da validare con dati di monitoraggio in situ, agevolano la conoscenza del sistema e della correlazione tra determinanti, pressioni e impatti sulle acque di balneazione.

Rapporto finale dell'azione europea FPCUP (in inglese)