22 maggio, Giornata Internazionale per la Biodiversità
A cura dell’Area per la conservazione e gestione di specie, habitat ed ecosistemi, l'uso sostenibile delle risorse agro-forestali -- Dipartimento per il monitoraggio, la tutela dell’ambiente e la conservazione della biodiversità -- ISPRA
Dal singolo tratto genetico, alle specie, fino agli ecosistemi nel loro complesso, la diversità biologica è vitale per la salute e il benessere degli esseri umani. La qualità dell'acqua che beviamo, il cibo che mangiamo e l'aria che respiriamo dipendono dal mantenimento in buona salute del mondo naturale. Abbiamo bisogno di ecosistemi sani per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (come dice il titolo del recente rapporto GEO-6 dell'ONU, Health Planet, Health People) e affrontare i cambiamenti climatici.
Eppure gli ecosistemi del mondo affrontano minacce senza precedenti. La natura è in declino, a tassi mai visti prima in tutta la storia dell’umanità e diversi autorevoli biologi ritengono addirittura che siamo di fronte alla sesta estinzione di massa, dopo quella che ha portato - 65 milioni di anni fa - alla scomparsa dei dinosauri. Questa perdita è il risultato diretto dell’attività antropica e costituisce una minaccia per il benessere umano in tutte le regioni del mondo, erodendo in questo modo le basi stesse delle nostre economie, i mezzi di sussistenza, la sicurezza alimentare, la salute e la qualità della vita in tutto il mondo.
Una sintesi del rapporto di valutazione sulla biodiversità della piattaforma intergovernativa per la scienza e la politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, o IPBES1 ) rivela dati allarmanti. Il rapporto IPBES riporta che circa 1 milione di specie animali e vegetali sono minacciate di estinzione. Molte di esse potrebbero estinguersi entro pochi decenni. Dal XVI secolo a oggi almeno 680 specie di vertebrati sono state portate all’estinzione e più del 9% di tutte le razze di mammiferi domesticati, utilizzate per l’alimentazione e in agricoltura, si sono estinte ed almeno altre 1.000 razze sono ora minacciate. L’abbondanza media di specie autoctone nella maggior parte degli habitat terrestri è diminuita di almeno il 20%, con una accelerazione negli ultimi cento anni. Più del 40% delle specie di anfibi, quasi il 33% dei coralli e più di un terzo di tutti i mammiferi marini sono minacciati. Il quadro è meno chiaro per le specie di insetti, ma le evidenze scientifiche finora disponibili ci dicono che il 10% è minacciata di estinzione, con grave decadimento di un servizio importantissimo che essi offrono alla natura e all’economia, quello della impollinazione. Dal 1990 a oggi la Terra ha perso 287 milioni di ettari di foreste (13 milioni nel 2017), una superficie pari a quasi 10 volte quella dell'Italia (30 milioni di ettari). La distruzione delle foreste e degli habitat terrestri e marini è la causa principale del declino della biodiversità. Oltre il 90 per cento degli stock ittici marini sono in declino o sovra-sfruttati. La rete della vita sulla Terra, così essenziale e così interconnessa, sta diventando sempre più piccola e sfilacciata.
I cinque fattori diretti che hanno guidato questo mutamento della natura sono, in ordine decrescente di importanza: (1) cambiamenti nell’uso della terra e del mare; (2) sfruttamento diretto degli organismi; (3) cambiamenti climatici; (4) inquinamento e (5) specie esotiche invasive. Vi sono poi altri fattori critici indiretti che includono (i) l’aumento della popolazione e dei consumi pro-capite; (ii) l’innovazione tecnologica, che in alcuni casi ha ridotto e in altri casi ha aumentato gli effetti negativi sulla natura; i problemi di deficit di governance e responsabilità.
Nonostante i progressi compiuti per conservare la natura e implementare le politiche con le misure finora messe in atto, il rapporto rileva anche che gli obiettivi globali per conservare e utilizzare le sue componenti in modo sostenibile, raggiungendo un equilibrio nel loro utilizzo, non possono essere soddisfatti dalle attuali traiettorie e che gli obiettivi per il 2030 e oltre potranno essere raggiunti solo attraverso un “cambiamento trasformativo”, inteso come una riorganizzazione fondamentale a livello di sistema tra fattori tecnologici, economici e sociali, ma anche politici e valoriali (transformational change, nel testo).
Gli scienziati dicono che il cambiamento climatico diventerà un problema sempre più dominante nella crisi della biodiversità e già adesso si contano estinzioni, almeno 20 specie, legate al caos climatico.
Un modello che emerge è quello dell’interconnettività globale e del “tele-coupling”– con l’estrazione e la produzione di risorse che spesso si verificano in una parte del mondo per soddisfare i bisogni dei consumatori lontani di altre regioni del pianeta.
Il rapporto rileva anche che per ciò che riguarda i 20 obiettivi per la biodiversità di Aichi da raggiungere entro il 2030, progressi soddisfacenti sono stati ottenuti solo per 4 di essi (tra cui l’estensione delle aree terrestri e marine protette), mentre è molto probabile che per gli altri 16 a scadenza del 2020 non sarà rispettata. Le attuali tendenze negative dello stato della biodiversità e degli ecosistemi stanno minando il progresso dell’80% degli obiettivi di sviluppo sostenibile (35 su 44) relativi a povertà, fame, salute, acqua, città, clima, oceani e terra (SDG 1, 2, 3, 6, 11, 13, 14 e 15). La perdita di biodiversità è quindi un fattore chiave non solo come questione ambientale, ma anche come questione di sviluppo, economia, sicurezza, sociale e morale.
Il rapporto rileva che, dal 1980, le emissioni di gas serra sono raddoppiate, facendo salire le temperature medie d'almeno 0,7 gradi Celsius. I cambiamenti climatici hanno già avuto effetti sulla natura dal livello degli ecosistemi a quello genetico. Già adesso si contano estinzioni di specie, almeno 20, legate al caos climatico, ma gli impatti dovrebbero aumentare nei prossimi decenni, in alcuni casi superando l'impatto sulla biodiversità della distruzione degli habitat terrestri e marini e altri fattori.
Il nuovo rapporto IPBES conferma che - nonostante i progressi compiuti per conservare la natura e implementare le politiche e le misure finora messe in atto - gli obiettivi globali per conservare e utilizzare in modo sostenibile la natura e raggiungere la sostenibilità non saranno soddisfatti dalle attuali traiettorie e gli obiettivi per il 2030 e oltre possono essere raggiunti solo attraverso cambiamenti trasformativi in ambito economico e sociale e dei fattori politici e tecnologici.
Come è noto a molti, nel 2010 la Conferenza delle Parti della Convenzione per la Biodiversità (CBD) approvò il Global Strategic Plan, la strategia mondiale per la tutela della biodiversità per il periodo 2011-2020. Il piano prevede 20 obiettivi, suddivisi in 56 indicatori, nel complesso noti come Aichi Biodiversity Targets, che dovevano servire a definire il quadro di riferimento per l’identificazione dei target nazionali o regionali e per promuovere gli obiettivi fondamentali della CBD. Purtroppo, il rapporto IPBES rileva che progressi soddisfacenti sono stati ottenuti solo per 4 dei 20 obiettivi per la biodiversità di Aichi, mentre per gli altri 16 la scadenza del 2020 non sarà rispettata.
Le attuali tendenze negative dello stato della biodiversità e degli ecosistemi stanno minando il progresso verso l'80% (35 su 44) degli obiettivi valutati degli obiettivi di sviluppo sostenibile, relativi a povertà, fame, salute, acqua, città, clima, oceani e terra (SDG 1, 2, 3, 6, 11, 13, 14 e 15). La perdita di biodiversità è quindi un fattore chiave non solo come questione ambientale, ma anche come questione di sviluppo, di prosperità economica, di sicurezza, di qualità sociale e morale.
Per capire meglio e, soprattutto, per affrontare le principali cause di danno alla biodiversità e il contributo della natura alle persone, dobbiamo comprendere la storia e l'interconnessione globale di complessi fattori indiretti di cambiamento demografico ed economico, così come i valori sociali che sostenerli. I fattori chiave indiretti includono: l'aumento della popolazione e dei consumi per capita; l'innovazione tecnologica, che in alcuni casi ha ridotto e in altri casi ha aumentato gli effetti negativi sulla natura; e, in maniera critica, i problemi di governance e responsabilità. Un modello che emerge è quello dell'interconnettività globale e del "tele-coupling" , un’espressione con la quale si intende l'estrazione e la produzione di risorse che spesso si verificano in una parte del mondo per soddisfare i bisogni dei consumatori lontani, di altre regioni del pianeta.
Altre importanti conclusioni del rapporto sono le seguenti:
- Tre quarti dell'ambiente terrestre e circa i due terzi dell'ambiente marino sono stati significativamente modificati dalle attività umane. In media queste tendenze sono state meno severe o sono state evitate nelle aree detenute o gestite dalle popolazioni indigene e dalle comunità locali.
- Più di un terzo della superficie terrestre del pianeta e quasi il 75% delle risorse di acqua dolce sono ora destinate alla produzione di colture o all'allevamento del bestiame.
- A livello globale, dal 1970 a oggi, il volume della produzione agricola è aumentato di circa il 300%, il prelievo di legname è aumentato del 45%, mentre, dal 1980 a oggi, l’estrazione di risorse naturali, rinnovabili e non rinnovabili è quasi raddoppiato e ha raggiunto circa 60 miliardi di tonnellate l’anno.
- Il degrado del suolo ha ridotto la produttività del 23% della superficie terrestre globale, fino a 577 miliardi di dollari in colture globali annuali sono a rischio di perdita degli impollinatori e 100-300 milioni di persone sono a maggior rischio di inondazioni e uragani a causa della perdita e degradazione di habitat costieri.
- Nel 2015, il 33% degli stock ittici marini è stato prelevato a livelli insostenibili, il 60% è stato pescato in modo sostenibile, appena il 7% a livelli più contenuti rispetto alla soglia della sostenibilità.
- Le aree urbane sono più che raddoppiate dal 1992 a oggi.
- L'inquinamento da plastica è aumentato di dieci volte dal 1980 e attualmente una quantità di metalli pesanti, solventi, fanghi tossici e altri rifiuti da impianti industriali compresa 300 e 400 milioni di tonnellate sono gettati ogni anno nelle acque del mondo. I fertilizzanti che entrano negli ecosistemi costieri hanno prodotto più di 400 "zone morte" oceaniche , per un totale di oltre 245.000 km2, un'area appena inferiore al territorio italiano (300.000 km2).
Le tendenze negative della ricchezza della natura continueranno fino al 2050 e oltre, secondo gli scenari politici considerati nel rapporto IPBES - con l’unica eccezione dello scenario che comporta un "cambiamento trasformazionale" - a causa degli impatti (sebbene con significativi differenze tra regioni e regioni del pianeta) legati alle tendenze attese d'aumento dei cambiamenti nell'uso del suolo, di sfruttamento degli organismi e dell’effetto serra e dei conseguenti cambiamenti climatici.
Il Rapporto presenta anche una vasta gamma di azioni concrete e di percorsi per procedere verso la sostenibilità nei diversi settori, inclusa l’agricoltura, la silvicoltura, la gestione dei sistemi marini e di acqua dolce, delle aree urbane, la produzione di energia, finanza e altri ancora. Il documento IPBES sottolinea l'importanza, tra l'altro, di adottare una gestione integrata e approcci intersettoriali che tengano conto dei compromessi tra produzione di cibo ed energia, infrastrutture, gestione delle acque dolci e costiere e conservazione della biodiversità.
Un elemento chiave ritenuto decisivo per future politiche più sostenibili è l'evoluzione dei sistemi finanziari ed economici globali per costruire un'economia globale sostenibile, allontanandosi dall'attuale, angusto, paradigma della crescita economica.
Riquadro 1. Definizione di Biodiversità La biodiversità è “la ricchezza della vita sulla Terra, in tutte le sue forme e in tutte le sue interazioni”. La Convenzione sulla Diversità biologica distingue tre livelli in cui i milioni di piante, animali e microrganismi si organizzano: il livello dei geni, che danno vita alla diversità e all’eredità di ciascuna specie; il livello delle specie che sono parte di un ecosistema, quali farfalle, salamandre, salmoni, pioppi, querce, petunie; il livello degli ecosistemi, intesi come entità reali del mondo naturale (foreste pluviali, steppe, barriere coralline, fiumi, ghiacciai, ecc.). Secondo un modo più ‘filosofico’, la biodiversità rappresenta la conoscenza appresa dalle specie, nel corso di un processo evolutivo di milioni di anni, su come sopravvivere alle condizioni ambientali estremamente variabili. Alcuni studiosi dicono che con il declino dell’integrità biologica della Terra l'umanità si sta "bruciando la Biblioteca della Vita”. In tutto il pianeta, i biologi hanno descritto 1.371.500 specie animali. Tuttavia, diversi studi riportano che il vero numero di animali viventi sul pianeta possa variare da 2 a 11 milioni. È possibile, come dimostrano le più recenti scoperte, che ci siano ancora mammiferi sfuggiti all’osservazione degli zoologi. I funghi descritti sono circa 100.000, ma il loro numero potrebbe essere compreso tra 600.000 e 10 milioni. Le piante descritte sono 307.700. È possibile che il loro numero complessivo possa salire intorno a 450.000 specie man mano che i botanici ne scoprono di nuove. Solo l’1% dei batteri è stato inventariato. |
Le Nazioni Unite, per commemorare l'adozione del testo della Convenzione per la Diversità Biologica, avvenuta il 22 maggio 1992, hanno proclamato la giornata odierna come la Giornata Internazionale per la Biodiversità, allo scopo di aumentare la comprensione e la consapevolezza dei problemi legati alla diversità biologica e all’importanza di conservarla. La Giornata Internazionale della Biodiversità di quest'anno è dedicata al tema "Il nostro cibo, la nostra salute e la nostra biodiversità", in quanto intende evidenziare (i) l'importanza della biodiversità per tutte le persone del pianeta (ii) l'impatto che la mancanza di tutela della natura può avere sulla sicurezza alimentare e sulla salute umana, (iii) il lavoro che tutti noi possiamo e dobbiamo fare, ogni giorno dell'anno, per conservare, ripristinare ed condividere equamente la natura e la miriade di benefici che fornisce agli esseri umani.
L'attuale sistema alimentare mondiale risulta sempre più danneggiato. Miliardi di persone non hanno accesso a un'alimentazione corretta. Circa un terzo di ciò che viene prodotto per il consumo umano diretto diviene rifiuto. Se si considera l’intero sistema alimentare lo spreco è di circa il 50% delle calorie prodotte, con un'impronta ecologica che impiega un terzo delle capacità biologiche. In Italia lo spreco nel sistema alimentare arriva al 60% circa, con un impronta del 50%. I modi in cui coltiviamo, trasformiamo, trasportiamo, consumiamo e sprechiamo cibo sono le principali cause di perdita di biodiversità e di alterazione dei cicli naturali di azoto, fosforo e potassio, contribuendo anche al cambiamento climatico.
Dobbiamo agire rapidamente per invertire queste tendenze e promuovere il "cambiamento trasformativo". Le soluzioni esistono come pure le politiche. Arrestando le pratiche dannose per l'ambiente, diversificando i nostri sistemi alimentari, promuovendo modelli di produzione e consumo più sostenibili che prevengono lo spreco (ecologici, locali, di piccola scala e solidali), migliorando le diete e la salute riproduttiva, possiamo migliorare anche la salute globale, aumentare la sicurezza alimentare e rafforzare la resilienza ai cambiamenti climatici.
La "biodiversità" può sembrare un concetto astratto, ma è abbastanza semplice, anche se incredibilmente profondo: significa tutta la natura, tutte le forme di vita sulla terra, dalle varietà e razze, alle singole specie fino agli ecosistemi nel loro complesso. La biodiversità è l'infrastruttura naturale che sostiene tutta la vita sulla terra, inclusa la vita umana e la sua dimensione culturale e spirituale. È il cibo che mangiamo, l'acqua che beviamo, ed è anche l'aria che respiriamo. Oltre a ciò, la biodiversità è parte di noi, poiché noi umani siamo parte della natura. Pertanto, non è un caso che sia stato scelto come tema di quest'anno per la Giornata internazionale della biodiversità: "Il nostro cibo, la nostra salute e la nostra biodiversità". Questo focalizza l’attenzione sulle connessioni intime tra salute, cibo e ambienti naturali. La verità è che senza una natura sana e senza la biodiversità, non possiamo avere una nutrizione di qualità e senza un'alimentazione di qualità non possiamo avere una buona salute.
Nonostante la sua importanza centrale per la salute e il benessere, il nostro attuale sistema alimentare globale è sempre più degradato. E a ciò si aggiunge una vera crisi sanitaria: più di metà del mondo è malnutrita. Al momento, 2 miliardi di persone - tra cui oltre 160 milioni di bambini - soffrono di denutrizione e un numero equivalente è sovrappeso o obeso, mentre sono circa 2 miliardi le persone che soffrono di altri tipi di malnutrizione (in parte anche denutriti o sovralimentati). La varietà di specie e risorse genetiche utilizzate per il cibo e l'agricoltura è notevolmente diminuita nel secolo scorso. E secondo quanto è attualmente noto, oggi, il 75% dell'apporto energetico mondiale è prodotto da sole 12 piante e 5 specie animali. Mentre la biodiversità continua a diminuire, vengono persi anche gli agro-ecosistemi e l’insieme dei saperi e delle conoscenze per la produzione di cibi tradizionali, la maggior parte dei quali sono nutrizionalmente molto superiori ai prodotti alimentari ricchi di energia e poveri di nutrienti, che sono invece diventati la base delle più diffuse diete semplificate.
Queste sfide possono davvero sembrare scoraggianti. Eppure possiamo contare sulla disponibilità di soluzioni e sappiamo che con azioni ampie possiamo superare tutte queste minacce. I legami tra biodiversità, ecosistemi e fornitura di benefici per la salute umana sono profondamente radicati nei nostri impegni globali per ridurre la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico e servono anche come leve cruciali per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Queste stesse leve risulteranno decisive man mano che si avanzerà nello sviluppo del nuovo Quadro Globale della Biodiversità, che si spera venga adottato in occasione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica del 2020, che si terra a Kunming (Cina).
Sono necessarie politiche e azioni intersettoriali, come pure l'impegno costante su tutti i livelli di governance e lungo tutta la catena alimentare. Ciò include la conservazione dei suoli e un uso più efficiente e sostenibile delle risorse idriche destinate alla produzione alimentare; la riduzione della contaminazione dell'acqua potabile; la salvaguardia e il ripristino dei nostri paesaggi agricoli e marino-costieri; l’attuazione di misure che supportino la produzione e il consumo di cibi sani, ricchi di vitamine e minerali; il sostegno alle culture e alle conoscenze alimentari tradizionali.
Una soluzione in questo senso è lo sviluppo su grande scala dei cosiddetti sistemi agricoli diversificati, che includono anche l’agricoltura biologica. In Italia le superfici biologiche hanno raggiunto quasi 2 milioni di ettari, il 15,2% della superficie agricola utilizzata, una percentuale tra le più alte in Europa. Le esternalità ambientali e sociali legate ai sistemi convenzionali monoculturali e agro-industriali creano un enorme costo economico a causa dei conseguenti impatti ambientali e hanno portato scienziati e decisori politici a concentrarsi sull’aumento dell'efficienza dell'agricoltura e sull’inclusione degli effetti delle esternalità positive tra i benefici dell'agricoltura. Vi è una crescente consapevolezza che le sfide legate alla produzione di cibo, legna e fibre, in quantità sufficienti a soddisfare le esigenze delle società, preservando il suolo, l'acqua e la biodiversità, non possano essere risolte facendo affidamento sui sistemi produttivi agricoli dominanti e convenzionali. La performance positiva dell'agricoltura biologica valutata rispetto a una serie di indicatori ambientali è stata ampiamente riportata in letteratura, sia a scala internazionale sia nazionale. Ciò significa che la conversione ad agricoltura biologica può diventare una strategia per ridurre sensibilmente il contributo del settore agricolo alla perdita dell’integrità biologica, all'alterazione del ciclo dell'azoto o all’effetto serra, in linea con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile e dell’Accordo di Parigi (https://ilbolive.unipd.it/it/news/lagricoltura-biologica-lagroecologia-unopzione).
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1 Spesso definito come "l’IPCC per la biodiversità", l'IPBES è un organismo intergovernativo indipendente che comprende più di 130 governi membri. Istituito nel 2012, l’IPBES fornisce ai responsabili delle politiche valutazioni oggettive, scientifiche, sullo stato delle conoscenze riguardanti la biodiversità del pianeta, gli ecosistemi e i contributi che essi apportano alle persone, nonché gli strumenti e i metodi per proteggere e utilizzare in modo sostenibile queste risorse naturali vitali. L'IPBES fornisce supporto scientifico decisivo per l'implementazione di processi multilaterali globali come la CBD e l'UNEP. Per maggiori informazioni su IPBES e le sue valutazioni, si consiglia di visitare il sito www.ipbes.net