Gli orti botanici, tra cultura e sapere scientifico
Autori: Ettore Pacini(1) Beti Piotto(2) Valerio Silli(2)
Fin dal basso Medioevo venivano coltivate piante medicinali e curative presso strutture le religiose monastiche (Garbari 1993), sovente destinate alla cura dei viandanti e pellegrini. Alcuni adattamenti moderni superstiti di questi antenati degli attuali orti botanici sono presenti nei chiostri di importanti cattedrali e basiliche europee, quali ad esempio Utrecht, in Olanda, e San Paolo fuori le Mura, a Roma. Sempre nel Medioevo esistevano anche delle strutture laiche votate alla coltivazione di piante medicinali e officinali quale ad esempio il Giardino della Minerva di Salerno, fondato nel XIII secolo e utilizzato dalla medesima Scuola di Medicina (Carafa 1988).
Gli orti botanici più antichi in assoluto in Italia, sono quelli italiani legati ad alcune università, come quello: di Pisa, fondato nell’estate del 1543, a Padova del 7 luglio 1545, mentre quello di Firenze è del 1 dicembre 1545 (Chiarugi 1953). I primi orti botanici sono stati creati non molti anni dopo la scoperta delle Americhe, contemporaneamente al diffondersi delle wunderkammer (in italiano camera delle meraviglie), del collezionismo scientifico e artistico che più tardi darà origine ai vari tipi di musei. La loro nascita è avvenuta in un periodo in cui in Italia operavano pittori come Giovanni da Udine (Udine 1487 – Roma 1561 circa), Giuseppe Arcimboldo (Milano 1526-1593), Vincenzo Campi (Cremona 1536-1591), ognuno a suo modo eminenti pittori di fiori e frutti in maniera realistica (Pacini 2006, Signorini e Pacini 2009) e, almeno in alcuni casi, in maniera scientifica (Pacini 1995).
Gli orti botanici avevano inizialmente una funzione didattica soprattutto per i medici e speziali, oltre a quella di fornire “i semplici” per preparare i medicinali e rimedi erboristici di allora. Quello di Padova è la più antica istituzione universitaria che abbia conservato la sede originaria d'impianto, praticamente inalterata, fin dalla sua fondazione, salvo i vari ampliamenti che si sono succeduti. Oggi è stato ulteriormente ampliato con “Il Giardino della Biodiversità”, inaugurato nel 2014, per un totale di circa 7000 specie vegetali presenti.
Nei giardini botanici si inizia a fare ricerca solo dopo la rivoluzione galileiana, agli inizi del XVII secolo, cioè con il nascere del pensiero (metodo) scientifico e lo sviluppo degli strumenti scientifici (Geymonat 1970). L’altra rivoluzione è quella operata da Linneo, con lo svilupparsi e l’affermazione della sua nomenclatura binomia (genere e specie) a cominciare da metà del XVIII secolo. Prima di allora le piante venivano identificate con definizioni o nomi vernacolari diversi a seconda degli autori, generalmente con una nomenclatura polinomiale.
L'Orto botanico “Carmela Cortini” dell’Università di Camerino è stato istituito nel 1828 dal prof. Vincenzo Ottaviani, docente di Botanica nella Facoltà di Medicina della medesima Università, che lo considerava di grande importanza per l’insegnamento e per la ricerca (Foto di Beti Piotto). |
Le piante che si trovano in un orto botanico, per ragioni climatiche, di spazio e di disponibilità finanziarie, sono in numero limitato, ma suggerire sono però rappresentative di grandezze e biodiversità ben superiori.
Gli orti botanici quindi svolgo un ruolo significativo nella selezione e raccolta di semi di differenti specie vegetali, sovente di pregio, a volte persino rare, conservati nelle cosiddette banche del germoplasma (Attana, 2005).
Semi di Pancratium maritimum L. nelle loro banche del germoplasma, molti orti botanici conservano semi di specie che vegetano in habitat soggetti a forti pressioni antropiche come il giglio di mare |
Nel 1974 è nata l'associazione Internazionale Giardini botanici alpini (AIGBA) con lo scopo di studiare, difendere e conservare la flora alpina di ogni continente (es. italiani: Orto Botanico alpino delle Viotte a Monte Bondone, Trento; Giardino Botanico Alpino Chanousia, sul colle del Piccolo San Bernardo; Giardino Botanico Alpino del Cansiglio (Belluno); Giardino Botanico delle Alpi Apuane Pietro Pellegrini (Massa-Carrara); Giardino Botanico Pania di Corfino (Lucca); Giardino Botanico e Arboreto del Parco Nazionale d'Abruzzo; il Giardino Alpino di Campo Imperatore, ecc.). Nel 1994 è stato istituito inoltre il Consorzio dei Giardini Botanici europei, allo scopo di realizzare strategie di azione comune, per opera del Botanic Gardens Conservation International (BGCI) e dell’International Association of Botanical Gardens (IABG).
Una panoramica sulle caratteristiche, l’organizzazione, il personale coinvolto negli orti botanici italiani è stata fatta da Paolo De Luca (1988) in occasione del primo centenario della Società Botanica Italiana. Quasi tutti gli orti botanici presentano una serie di strutture analoghe per scopo e funzione; le differenze possono consistere nelle caratteristiche climatiche dei luoghi dove si trovano.
Gli orti botanici sono nati come strutture legate all’attività didattica universitaria, tuttavia ci sono strutture analoghe, di associazioni, e di privati che hanno come fine la diffusione delle conoscenze botaniche e il collezionismo di specie vegetali di pregio.
Alcuni degli orti botanici italiani sono tra i più antichi in assoluto, spesso nello stesso sito dalla loro fondazione come quello di Padova dal 1545 (Chiarugi 1953) e di Napoli dal 1807. Il clima, l’esposizione, la disponibilità di acqua e le cure contribuiscono alla buona riuscita di qualunque orto botanico. Ovviamente ci sono molte differenze tra gli orti botanici del nord, rispetto a quelli del centro e del sud Italia (Raimondo 1992). Roma rappresenta forse la grande bellezza della tradizione, Napoli contiene al suo interno una meravigliosa collezione di Cycadaceae ed è molto didattico; infine da quello di Palermo, interessante per i vari tipi di collezioni, quella degli agrumi (Raimondo e Lack 1998), quella delle piante grasse che si incrementa con quelle piante che arrivano tramite la CITES.
In molte Università c’è stata recentemente una riorganizzazione degli Orti Botanici Universitari, confluiti nei Musei Universitari, con relative problematiche di gestione e uso del personale, con difficoltà di convivenza, data la differente natura di questi e gli altri tipi di musei e strutture universitarie. Per far fronte alla mancanza di fondi e sussidi economici, spesso viene chiesto l’acquisto di un biglietto di ingresso, sempre con cifre modiche. Nel passato, cioè prima dell’inizio della crisi e recessione, l’ingresso agli orti botanici universitari era normalmente gratuito. Il reperimento di fondi avviene talvolta anche affittando per brevi periodi degli spazi per esposizioni temporanee di merci, mostre di pittura, eventi musicali ecc. non sempre consoni alle finalità di un orto botanico.
Sia che l’ingresso sia gratuito, ma con più ragione se l’ingresso è a pagamento, si dovrebbe fornire del materiale didattico che spiega l’unicità delle piante e/o altro materiale didattico. All’ingresso ci dovrebbe essere la definizione di orto botanico e di seguito alcune nozioni importanti per capire il mondo vegetale, da presentare come cartelloni e/o da citare durante le visite guidate. Dovrebbe essere presente anche un cartellone con i tipi di piante che vi sono coltivate: felci, conifere, piante a fiore e la spiegazione dei più elementari caratteri che consentono di riconoscerle. I cartellini delle piante, in vaso, al suolo o sul tronco, oltre al nome latino e quello più comune in Italia, se esiste, dovrebbe essere accompagnato da una o più sigle che indicano la diffusione, il luogo di origine e se si tratta di una pianta spontanea o coltivata specificando l’uso/i.
Oggigiorno le città sono sempre più grandi, il contatto con la natura per molti avviene più comunemente tramite internet e la televisione, spesso senza avere mai visto dal vero la pianta dei pomodori, delle varie insalate, della canna e barbabietola da zucchero. Inoltre in Italia l’educazione naturalistica è raramente effettuata dalla famiglia e più comunemente è demandata ai docenti dei vari tipi di scuole. Infatti sono moltissime le scuole di ogni ordine e grado che, soprattutto in primavera, visitano gli orti botanici.
Infine gli Orti Botanici non dovrebbero essere il fanalino di coda della categoria Musei, ma strutture indipendenti e dinamiche, se non altro perché sono costituiti da viventi che nascono, crescono e muoiono. I veri musei invece sono deputati alla conservazione di opere compiute che devono essere periodicamente solo pulite e restaurate.
BIBLIOGRAFIA
- Attana E.M., Enu G.F., Acchetta G.B. 2005. La Banca del Germoplasma della Sardegna (BG-SAR): uno strumento per la conservazione del germoplasma autoctono sardo.Informatore Botanico Italiano, 37 (1, parte a).
- Carafa R. 1988. I “semplici” e “circa instans”. In: La scuola medica salernitana, storia, immagini, manoscritti dal XI al XIII sec. A cura di M. Pasca, Electa, Napoli.
- Chiarugi A. 1953. Le date di fondazione dei primi Orti botanici del mondo: Pisa (estate 1543); Padova 7 luglio 1545); Firenze (1° dicembre 1545). Nuovo Giornale Botanico Italiano, n.s. 4: 785-839.
- Geymonat L. 1970. Il Rinascimento e la rivoluzione scientifica. In: Storia del pensiero filosofico e scientifico. Vol. II, Il Cinquecento e il seicento. Garzanti ed., Milano.
- Pacini E. 1995. Purposes and manners of representation of plants in the European art of XIV – XVII centuries. In “Garden history, garden Plans, Species, Forms, Varieties, from Pompei to 1800. Dagfin M., Dickson J.H., Jörgensen P. Eds., PACT Journal 42: 172-179.
- Pacini E. 2006.La rappresentazione delle piante agli inizi del XVII secolo. In: A. Graniti (ed.), Federico Cesi, un principe naturalista. Pp. 239-266, Bardi, Roma.,
- Signorini M.A., Pacini E. 2009. Tra Linneo e Caravaggio, riflessioni botaniche a margine di una mostra sulla natura morta. Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi, Associazione Amici della Natura morta italiana.
(1) Dipartimento di Scienze della vita - Università di Siena
(2) ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, Via V. Brancati, 60 - Roma